20 Maggio 2013

Papa Francesco ha fatto preghiere di liberazione dal Demonio in piazza San Pietro

Filed under: articoli,PAPA — giacomo.campanile @ 19:57

Siamo in piazza San Pietro, esattamente nei pressi dell’Arco delle Campane. La Santa Messa di Pentecoste (domenica 19 maggio 2013) è finita da poco. Papa Francesco si avvia – come al solito – verso i malati che hanno partecipato alla celebrazione. Il Pontefice si avvicina ad un ragazzo. Il sacerdote che lo accompagna lo presenta al Papa con qualche parola che non si riesce a cogliere. Ma l’espressione di Francesco cambia improvvisamente. Il Papa appare pensoso e concentrato e stende le mani sul giovane pregando intensamente.
Gli esorcisti che hanno visto le immagini che qui riportiamo non hanno dubbi: si è trattato di una preghiera di liberazione dal Maligno o di un vero e proprio esorcismo.

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19 Maggio 2013

Ricordati di santificare le feste. Il terzo comandamento. 2024

Filed under: articoli,PAPA — giacomo.campanile @ 09:23

Ed eccoci al terzo comandamento con il quale si chiude la prima tavola della Legge data da Dio a Mosè sul monte Sinai: “Ricordati di santificare le feste” (Es 20,8 e Dt 5,16).

Il conoscere e l’analizzare questo comandamento ci serve sia per comprenderne il suo significato originario, così come risuonava presso il popolo d’Israele, sia per la sua attuazione per noi cristiani oggi.

Il comandamento di santificare “il sabato” per il popolo ebreo era collegato al racconto della creazione:

“Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio. Non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha consacrato”(Es 20, 8-11).

Proviamo a cogliere alcuni significati profondi che scaturiscono da questo terzo comandamento.

Non solo gli uomini, ma anche gli animali devono terminare la settimana di lavoro con un giorno di riposo. Questo comandamento impone di fatto un doppio obbligo: quello di lavorare durante i giorni di lavoro e quello di riposare il giorno di sabato. Si impone un’alternanza di lavoro e riposo. Il settimo giorno è il sabato in onore del Signore.

Questa richiesta del riposo del sabato va collegata con il riposo di Dio. Anche l’uomo nel settimo giorno deve cessare dal suo lavoro, così da prendere parte al riposo di Dio. Il comandamento vuole farci prendere coscienza di questo.
Prima ancora di accennare al culto che si deve rendere a Dio, c’è l’idea fondamentale che il settimo giorno Dio ce lo dà per offrirci un regolare tempo di riposo. Si tratta di un giorno messo a nostra disposizione, un tempo di libertà, perché potessimo respirare.

Israele deve prendere coscienza di essere stato schiavo in Egitto ed è stato liberato dalla mano potente di Dio. In Egitto non poteva riposare a causa della schiavitù in cui si trovava. Ora, liberato da Dio, deve far partecipe gli altri della liberazione che gli ha regalato Dio. Ma c’è anche qualcosa di più. Fino a che viveva in terra straniera Israele non poteva confessare più la sua fede dirigendosi al tempio e offrirvi i sacrifici. Adesso osservando il sabato, non passa settimana senza ricordarsi di Dio.

Ma leggiamo questo comandamento nell’ottica cristiana. È un invito a fare un raffronto su come viviamo la domenica, il giorno del Signore.

Sappiamo come i primi cristiani cominciarono a prolungare il culto del sabato alle prime ore del mattino successivo, per commemorare la resurrezione di Gesù e la riunione degli apostoli dove egli gli apparve per la prima volta.

Alla fine del 1° sec., i cristiani consacrarono alle cerimonie e al riposo l’intero primo giorno della settimana, mantenendo il rito del sabato, “l’ottavo giorno”. Con la diffusione del cristianesimo si limitò alla sola domenica il giorno di festa. La verità spirituale del sabato biblico si compie così nella domenica cristiana, giorno della resurrezione di Cristo, “giorno del Signore” per eccellenza.

In questo comandamento chiediamoci quale significato assume la domenica cristiana; cosa ci richiama questo terzo comandamento, soprattutto oggi?

È bene ricordare cosa ci dice San Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Dies Domini del 1998. La festa dev’essere per il cristiano “giorno del Signore, di Cristo, della Chiesa, dell’uomo e giorno dei giorni”. Questa è la domenica.

L’uomo rischia di lasciarsi travolgere dagli impegni e di consumare tutto il proprio tempo, cioè tutta la vita, nelle diverse attività, dimenticandosi di Dio.

Con questo comandamento Dio domanda all’uomo di lasciargli spazio nel proprio tempo, cioè nella propria vita, e invita a rendere sacro il tempo, riconoscendo Dio come centro dell’esistenza.

Ecco perché dobbiamo richiamare il valore della domenica. E continuiamo a chiamarla con il suo giusto nome, anziché week-end (“fine settimane”), cioè porzione di giorni monotoni e identici.

Pensiamo alle tante domeniche a cui i cristiani non danno più il loro giusto significato. Ci si dedica o all’eccessivo continuo lavoro o alla semplice astensione dalle occupazioni ordinarie, alla pratica degli hobby o giornate da trascorrere ai grandi centri commerciali.

Come deve essere invece vissuta la domenica? È il giorno in cui Dio ci chiede di prendere parte al suo riposo, ma è anche il tempo santo che appartiene a noi e a Dio. Ciò che è santo è anche salutare. Diventa, quindi, rimedio contro la frenesia del vivere moderno, riacquistiamo la calma. È il giorno santo perché dinanzi alle deformazioni prodotte in noi dalle ferite di ogni giorno, veniamo riportati nella condizione a cui Dio ci ha destinati. È anche il “giorno sacro”, il giorno cioè in cui partecipiamo alla santa Eucarestia domenicale; è il giorno riservato all’incontro speciale con il Signore morto e risorto, momento di forte intimità con Cristo e la sua Chiesa, sua sposa che siamo noi.

L’obbligo di partecipare alla Messa domenicale si comprende alla luce di quella profonda esperienza spirituale e religiosa. È tempo per Dio, per coglierne la presenza e mettersi in ascolto. Ma la domenica è anche il tempo da dedicare di più alla famiglia, per tornare a gustare la bellezza dello stare insieme e l’intimità degli affetti; è il tempo per la comunità, per riscoprire la solidarietà, occasione e stimolo per approfondire rapporti fraterni e sociali all’insegna della gratuità, dell’amicizia e dell’attenzione soprattutto per chi è solo, ammalato o anziano.

Santificare la festa è quindi santificare sè stessi, sostare per contemplare Dio, giorno del Signore per celebrare la pasqua della settimana, occasione privilegiata per stare in famiglia, tempo prezioso per vivere l’impegno della carità. Un tempo privilegiato per un assaggio di eternità

Papa Francesco ai Movimenti e alle Aggregazioni laicali in Piazza San Pietro

immagine19 maggio 2013 Avere il coraggio della fede senza essere cristiani inamidati, costruire una cultura dell’incontro, aiutare il prossimo soprattutto le famiglie, il cui destino è più importante dei bilanci delle banche. Questo in sintesi quanto espresso da Papa Francesco nel discorso rivolto stasera alle circa 200 mila persone che hanno gremito Piazza San Pietro per partecipare alla Veglia di Pentecoste dedicata ai Movimenti, le nuove Comunità, le Associazioni e le Aggregazioni laicali.Forti anche le parole del Pontefice sulle persecuzioni contro i cristiani nel mondo: ci sono più martiri oggi – ha detto – che nei primi secoli della Chiesa. “Almeno 150 diverse realtà ecclesiali, realtà ben conosciute e radicate, ma anche nuove realtà sorte per la chiamata alla nuova evangelizzazione. Vengono da ogni parte del mondo e attestano il grande dono che lo Spirito Santo ha fatto alla Chiesa in questi cinquant’anni dall’inizio del Concilio”. E’ mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, a presentare al Papa la piazza “riempita, dice, all’inverosimile”. Ciò che ha spinto quanto sono qui , continua “è ricercare la via più idonea e coerente per vivere e testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi.
Dell’impegno a vivere coerentemente il Vangelo avevano dato testimonianza poco prima aderenti a Rinnovamento nello Spirito, Mov. dei Focolari, Cellule parrocchiali di animazione, Nuovi orizzonti, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali, e Sant’Egidio. Parlando del superamento delle difficoltà all’interno della vita di coppia e di famiglia, del passaggio da una vita lontana dalla fede all’incontro con Cristo, dell’annuncio del Vangelo nel proprio ambiente di studio e di lavoro, dell’incontro con Gesù nei poveri. Saranno poi Paul Bhatti, fratello di Shahbaz Bhatti, ministro delle minoranze del governo pakistano, ucciso da estremisti islamici a 43 anni e Johm Waters scrittore e giornalista irlandese passato da anni di lontananza alla fede, a raccontare di sé di fronte al Papa: “Sono molto grato a papa Francesco per avermi dato l’opportunità di condividere, con tutti voi, i dolori e le speranze dei cristiani del Pakistan “ esordisce Paul Bhatti:
“Nel mio Paese, i cristiani sono una piccola minoranza, molto povera. .. Molte volte subiamo discriminazioni, e anche violenze. … Ma, come discepoli di Gesù, vogliamo essere uomini di pace, in dialogo con i nostri fratelli musulmani e delle altre religioni. Vogliamo testimoniare con l’amore e la misericordia la nostra fede in Gesù. E’ stata questa la testimonianza del mio fratello più giovane, Shahbaz Bhatti, che ha dato tutta la sua vita per il Vangelo”.
Per tutta la sua vita, racconta Paul Bhatti, nonostante le minacce, è stato fedele alla sua missione di essere vicino ai poveri, di testimoniare l’amore di Gesù nella società violenta del Pakistan, e le sue parole e i suoi gesti hanno dato coraggio ai cristiani pakistani. Ora tanti hanno raccolto la sua testimonianza e “vogliono continuare a testimoniare il Vangelo della mitezza, del dialogo, dell’amore per i nemici”“Questa è la storia della mia vita, una vita vissuta dentro la falsa realtà che l’uomo ha costruito per sentirsi sicuro”, dichiara John Waters raccontando come a lungo avesse creduto che Dio fosse incompatibile con la sua ricerca della libertà. Poi la scoperta di quanto una vita senza di Lui fosse insoddisfacente:
“La natura dell’uomo è una continua domanda. Tu e io siamo fatti di desiderio. Non siamo fatti per accontentarci di una soddisfazione timida e fiacca…Questo è il motivo per cui Gesù è venuto fra noi: per mostrarci tutto quello che la vita umana può essere”.
Aiutato da alcuni amici, conclude, Waters: “ho imparato che il desiderio della Grandezza di Dio non era un bel concetto astratto, ma un fatto al centro della mia struttura e della mia natura…conoscere Cristo è conoscere me stesso, capire come sono fatto e diventare libero”.
Alle 17 e 30 l’arrivo di Papa Francesco nella piazza. Per mezz’ora percorre con la jeep bianca scoperta tutti i settori stracolmi e parte di via della Conciliazione. Poi salito sul sagrato, il momento tanto atteso del dialogo tra lui e le migliaia di persone presenti. Non un intervento scritto, ma la risposta a braccio a quattro domande.
Alla prima: “Come ha potuto raggiungere Lei nella Sua vita la certezza sulla fede?” Il Papa risponde:
“Ho ricevuto il primo annuncio cristiano proprio dalla mia nonna, no?, è bellissimo, quello! Il primo annuncio in casa, con la famiglia, no? E questo mi fa pensare all’amore di tante mamme e tante nonne, nella trasmissione della fede. Noi non troviamo la fede un po’ nell’astratto, no: sempre è una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, ti da la fede, ti da il primo annuncio… E questa esperienza della fede è importante. Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui a chiedere perdono … ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui è prima! …. Voi parlavate della fragilità della fede: come si fa per vincerla. Il nemico più grande che ha la fragilità, è curioso, eh?, è la paura. Ma non abbiate paura! Siamo fragili, ma lo sappiamo. Ma Lui è più forte!Come possiamo comunicare in modo efficace la fede oggi? E’ la seconda domanda:”Dirò tre parole soltanto. Primo: Gesù. Chi è la cosa più importante? Gesù. Se noi andiamo avanti con l’organizzazione, con altre cose, con belle cose pure, ma senza Gesù, non andiamo, la cosa non va. La seconda parola è la preghiera. Guardare il volto di Dio, ma soprattutto, e questo è collegato con quello che ho detto prima, sentirsi guardati. La terza è la testimonianza”.

Alla domanda: “Come possiamo vivere una Chiesa povera e per i poveri? Quale contributo possiamo dare per affrontare la grave crisi di oggi? Papa Francesco risponde che vivere il Vangelo è il primo contributo che possiamo dare:

“La Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata, ma, come dice Gesù, è sale della terra e luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio; e lo fa prima di tutto con la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione”.

di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org

16 Maggio 2013

Papa Francesco. No a carrierismo nella Chiesa. I pastori siano al servizio del popolo di Dio

Filed under: articoli,PAPA — giacomo.campanile @ 05:24

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immagine«Quando un prete, un vescovo va dietro ai soldi, il popolo non lo ama e quello è un segno. Ma lui stesso finisce male…»
Nella messa a Santa Marta prima dell’udienza generale il Papa spiega che San Paolo ricorda di aver lavorato con le sue mani: «Non aveva un conto in banca, lavorava!». Poi scandisce: «E quando un vescovo, un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo e fa tanto male alla Chiesa, fa il ridicolo alla fine, si vanta, gli piace farsi vedere, tutto potente… E il popolo non ama quello!». Sono la «ricchezza» e la «vanità» le due tentazioni dalle quali devono guardarsi vescovi e preti, dice. E chiede di pregare perché siano «pastori» e non «lupi».
Il Papa denuncia il carrierismo, la «mondanità spirituale», come il pericolo più grande della Chiesa. La sua riforma si fonda su un richiamo continuo allo spirito evangelico. «Alla fine un vescovo non è vescovo per se stesso, è per il popolo; e un prete non è prete per se stesso, è per il popolo». Il servizio proprio del pastore è «proteggere il suo gregge dai lupi», spiega nell’omelia a Santa Marta. «Quando il vescovo fa così crea un bel rapporto col popolo, come il vescovo Paolo lo ha fatto col suo popolo: c’è un amore fra di loro, un vero amore, e la Chiesa diventa unita». Per questo «noi abbiamo bisogno delle vostre preghiere», aggiunge, «perché anche il vescovo e il prete possono essere tentati».  Le tentazioni sono quelle di cui scriveva Sant’Agostino, cita Papa Bergoglio: «La ricchezza, che può diventare avarizia, e la vanità». Quando un vescovo o un prete «si approfitta delle pecore per se stesso, il movimento cambia: non è il prete, il vescovo per il popolo, ma il prete e il vescovo che prende dal popolo». L’autore delle «Confessioni», ricorda il Papa, dice che costui «prende la carne per mangiarla alla pecorella, si approfitta; fa negozi ed è attaccato ai soldi; diventa avaro e anche tante volte simoniaco. O se ne approfitta della lana per la vanità, per vantarsi»  Papa Francesco invita a pregare per i proprio pastori «perché siamo poveri, perché siamo umili, miti, al servizio del popolo». Il Papa rimanda al capitolo 20 degli Atti degli Apostoli «dove Paolo dice: vegliate su voi stessi e su tutto il gregge. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé». Ed esclama ai fedeli: «Leggete questa bella pagina e leggendola pregate, pregate per noi vescovi e per i preti. Ne abbiamo tanto bisogno per rimanere fedeli, per essere uomini che vegliano sul gregge e anche su noi stessi, che fanno la veglia proprio, che il loro cuore sia sempre rivolto al suo gregge. Che il Signore ci difenda dalle tentazioni, perché se noi andiamo sulla strada delle ricchezze, se andiamo sulla strada della vanità, diventiamo lupi e non pastori. Pregate per questo, leggete questo e pregate».

di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org

23 Marzo 2013

Foto ufficiale di Papa Francesco

Filed under: PAPA — giacomo.campanile @ 08:26
immagineVi mostriamo la prima foto ufficiale di Papa Francesco con la sua firma. Nel crocifisso che indossa è ritratta l’immagine di Gesù “buon pastore”, con la pecorella sulle spalle e con il gregge che lo segue.”Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri.” (Papa Francesco, Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 22/3/2013)

HABEMUS PAPAM! FRANCISCUM

Filed under: PAPA — giacomo.campanile @ 08:16

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immagineLO Spirito Santo ha scelto, il nuovo papa Francesco è argentino, lo Spirito Santo ci ha spiazzato, nessuno pensava al Card. Bergoglio.Papa Francesco, nato Jorge Mario Bergoglio (in latino: Franciscus; Buenos Aires, 17 dicembre 1936), è dal 13 marzo 2013 il 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica nonché Sommo Pontefice della Chiesa universale, ottavo sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primate d’Italia. Appartiene all’ordine dei gesuiti ed è il primo gesuita e il primo sudamericano eletto al soglio di Pietro.

Il popolo di Dio si è riunito con immensa fede e affetto al suo sommo Pastore, chi era presente ha percepito un  momento di grazia particolare, le prime impressioni sono di un papa buono, umile, di preghiera, di fede.  Un Pastore che ama il suo popolo, che ha bisogno di aiuto di preghiere, ecco il nuovo Papa. Egli ha coscienza di essere ormai il vescovo di Roma e per questo successore di Pietro.Tutti aspettavano un Papa più giovane, ineffetti 76 anni sono molti, ma la grazia dello Spirito Santo ci stupisce ogni volta, come recita la scrittura “i miei pensieri non sono i vostri pensieri.

Impareremo a conoscere il nosto Santo Padre che ci ama e ci ha benedetto con tanto affetto.

Papa Francesco con i ragazzi detenuti il giovedì Santo

Filed under: PAPA — giacomo.campanile @ 08:10

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immagineNel giorno del Giovedì Santo il Papa Francesco celebrerà la Messa “In coena Domini” all’Istituto penale per minori di Casal del Marmo a Roma.«Come è noto- comunicato della sala stampa vaticana – la Messa della Cena del Signore è caratterizzata dall’annuncio del Comandamento dell’amore e dal gesto della Lavanda dei piedi. Nel suo ministero come arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio usava celebrare tale Messa in un carcere o in un ospedale o in un ospizio per poveri o persone emarginate. Con la celebrazione a Casal del Marmo, il Papa Francesco continua tale uso, che dev’essere caratterizzato da un contesto di semplicità». La nota vaticana precisa che «le altre celebrazioni della Settimana Santa si svolgeranno invece secondo l’uso abituale».

13 Marzo 2013

PAPA Benedetto XVI

Filed under: DOCUMENTARI,PAPA — giacomo.campanile @ 18:47

PAPA BENEDETTO XVI

Papa Benedetto XVI, in latinoBenedictus PP. XVI, in tedescoBenedikt XVI; nato Joseph Aloisius Ratzinger (Marktl16 aprile 1927 – Città del Vaticano31 dicembre 2022), è stato il 265º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 7º sovrano dello Stato della Città del Vaticanoprimate d’Italia, oltre agli altri titoli propri del romano pontefice, dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013. Settimo pontefice tedesco nella storia della Chiesa cattolica, Benedetto XVI ha tuttavia rinunciato al titolo di patriarca d’Occidente impiegato dai suoi predecessori.[2]

Affermato professore di teologia, partecipò al Concilio Vaticano II e successivamente prese parte attiva alle riviste Concilium e Communio, della quale fu tra i fondatori. Nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga e creato cardinale da papa Paolo VI nel 1977, durante il pontificato di Giovanni Paolo II fu tra i suoi più stretti collaboratori, essendo stato chiamato a reggere la Congregazione per la dottrina della fede dal 1981 al 2005. Decano del collegio cardinalizio dal 2002, con il conclave del 2005 succedette a papa Giovanni Paolo II.

Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 annunciò la rinuncia «al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro», con decorrenza della sede vacante il 28 dello stesso mese.[3][4] È stato l’ottavo pontefice a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi di cui si hanno fonti storiche certe o molto attendibili[5]Clemente IPonzianoSilverioBenedetto IXGregorio VICelestino V e Gregorio XII. Al soglio pontificio gli è succeduto papa Francesco, eletto il 13 marzo 2013.

Dopo le dimissioni, il suo titolo diventò sommo pontefice emerito o papa emerito, mentre il suo trattamento rimase quello di Sua Santità.[6]

Benedetto XVI, scomparso il 31 dicembre 2022, è stata una figura a suo modo unica nella storia della Chiesa e un personaggio cruciale per l’era presente. Primo Papa a dimettersi dai tempi medievali, primo pontefice “emerito” della storia della Chiesa, stratega della Chiesa globale di Giovanni Paolo II da cardinale e grande difensore della tradizione cattolica da pontefice, teologo studioso della figura di Gesù e della presenza di Dio nella storia prima dell’ascesa nella gerarchia episcopale prima, pontefice controcorrente proprio perchè conservatore poi, Ratzinger è difficilmente inquadrabile in precise coordinate politico-religiose.

Fino alla morte a 95 anni compiuti Joseph Ratzinger, nato il 14 aprile 1927 a Marktl, nel cuore cattolico tedesco della Baviera, ha parlato e fatto parlare di sé. Dai tentativi di strumentalizzazione della sua figura contro Papa Francesco agli assalti della Chiesa “scissionista” del suo Paese natale, Benedetto XVI è spesso salito alla ribalta delle cronache suo malgrado.

Ma dal profondo silenzio in cui si è ritirato dopo le dimissioni dal soglio pontificio nel 2013 ha continuato a far sentire il suo pensiero con pochi, mirati scritti, condensato di una cultura profonda e perennemente stimolata dalla curiosità.

Il teologo del Concilio Vaticano II

Figlio di una famiglia profondamente cattolica, Ratzinger si avviò fin da giovane alla carriera ecclesiastica. Dopo una fugace esperienza da giovane coscritto negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, che non lo vide mai coinvolto in scontri a fuoco nell’ultima ora della Wehrmacht, nel 1946 s’iscrisse all’Istituto superiore di filosofia e teologia di Frisinga, ove studiò filosofia e teologia cattolica, ma ben presto, nel 1947, decise di prendere i voti e si trasferì nel seminario Herzogliches Georgianum di Monaco di Baviera, un seminario interdiocesano dove confluivano tutti i candidati al sacerdozio della Baviera, e continuò gli studi di filosofia e teologia presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco.

Il 29 giugno 1951 fu ordinato sacerdote assieme al fratello maggiore Georg e due anni dopo discusse una tesi sul concetto del rapporto tra popolo e Dio nel pensiero di Sant’Agostino, la cui profonda teologia sociale sarebbe stata una sua guida per il resto della carriera. Agostino, ha scritto Gianni Valente in Ratzinger professore, è un modello per Ratzinger, quasi un paradigma della sua esperienza umana. Da Papa lo ha indicato come “un buon “compagno di viaggio” nella mia vita e nel mio ministero”, dichiarando di stimare la  sua “teologia molto personale”, la sua volontà di cercare il disegno di Dio nella storia e negli eventi umani. E non a caso Ratzinger avrebbe sempre studiato, con grande attenzione, il segno di Dio nella ricerca scientifica (celebri i suoi studi di Bohr, Heisenberg e dei grandi padri della fisica quantistica), nel dialogo con il mondo extra-religioso, nel confronto con la società civile.

Ratzinger, secondo il segretario particolare monsignor Georg Gänswein, ha sempre identificato sé stesso nella definizione agostiniana di “grande bambino di Dio” che, “con una mitezza disarmata”, come sant’Agostino, “appassionatamente anela di giungere finalmente a quel “sempre” di cui si dice nel Salmo 105: “Cercate sempre il suo volto”.

Filosofia, religione, cultura: il pensiero di Ratzinger, acuto e pungente, gli permise di apparire come un innovatore in una Chiesa che marciava verso il Concilio Vaticano II, tanto che il modernismo che avrebbe in futuro molto avversato fu, da diversi suoi critici, indicato come la sua ideologia di riferimento. Le migliori facoltà di studi teologici si contendevano il giovane teologo bavarese, che nel maggio 1957 ottenne la cattedra di teologia fondamentale presso l’Università di Monaco e sette mesi dopo iniziò a insegnare teologia dogmatica e fondamentale presso l’Istituto superiore di teologia e filosofia di Frisinga. Divenne professore all’Università di Bonn nel 1959 e la sua lezione inaugurale fu su Il Dio della fede e il Dio della filosofia. Nel 1963 si trasferì all’Università di Münster e sei anni dopo, nel 1969, tornò in Baviera, chiamato dall’Università di Ratisbona

a fama per Ratzinger venne anche grazie al suo ruolo di consulente del Concilio Vaticano II, che lo portò a sviluppare “un pensiero che parte da tutta la vastità della Tradizione cristiana, e in base a essa cerca di descrivere la costante ampiezza delle possibilità ecclesiali”, presentando la Chiesa come corpo vivo nella storia, capace di adattarsi al mondo.

Ratzinger, ha ricordato La Stampa, ha vissuto il serrato tourbillon di “iniziative, sessioni di lavoro, brainstorming e elaborazioni di documenti a stretto contatto coi più grandi pensatori del mondo cattolicoi del XX Secolo, da Congar a Rahner, da Frings a Volk, da De Lubac a Danièlou”. Da cardinale Prefetto dell’ex Sant’Uffizio ha legato il suo nome al Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato nel 1992 per riproporre in maniera sistematica il depositum fidei alla luce del Vaticano II. Da Papa ha provato a risanare lo scisma coi tradizionalisti lefebvriani, esponendosi alle accusa di aver aperto alla Chiesa dell’anticoncilio” che non trova riscontro nella realtà dei fatti.

Lo stratega di Giovanni Paolo II

Nel marzo 1977 Papa Paolo VI nominò Ratzinger arcivescovo di Monaco e pochi mesi dopo, a giugno, lo scelse per entrare a far parte del collegio cardinalizio definendolo “un insigne maestro di teologia”.

Nel 1978 fu tra i cardinali che promossero l’elezione al soglio pontificio di Giovanni Paolo II, il quale tre anni dopo lo chiamò a Roma, costituendo il sodalizio che fino al 2005 avrebbe retto la Chiesa cattolica: Ratzinger fu il vero stratega del pontificato globale di Papa Giovanni Paolo II, ne curò l’attento bilanciamento tra chiara posizione dottrinale e vocazione universale, ne strutturò la posizione anticomunista senza fargli perdere la vocazione sociale, ne guidò la dinamicità nell’era post-conciliare. Dal 1981 Ratzinger fu prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale. Da cardinale è stato ritenuto una personalità illuminata che aveva permesso l’ingresso di ricercatori, giornalisti, storici e teologi nella sua congregazione, concedendo loro l’accesso anche all’Archivio della Congregazione della Dottrina della Fede. Il 22 gennaio 1998, ad esempio, la congregazione guidata da Ratzinger rese disponibili tutti i documenti della Santa Inquisizione precedenti alla morte di papa Leone XIII nel 1903.

Sempre più centrale nella visione del pontificato, Ratzinger divenne sempre più intimo del papa polacco mano a mano che le condizioni di salute di Giovanni Paolo II si aggravavano. Nell’aprile del 2005, poche settimane prima della sua morte, lo sostituì nelle cerimonie del Venerdì Santo e, in seguito alla sua scomparsa, il 19 aprile 2005 fu eletto papa. Scelse come nome Benedetto XVI

Benedetto XVI resse la Chiesa per otto anni tra la morte del carismatico Giovanni Paolo II e l’ascesa di Papa Francesco. Associata soprattutto alle sue dimissioni del febbraio 2013, la portata storica del pontificato di Ratzinger è stata in realtà ben più articolata.

Il pontificato ratzingeriano è stato quello che ha inaugurato una vera e propria battaglia alla pedofilia: Benedetto XVI ha inasprito tutte le norme canoniche in tema di pedofilia, raddoppiando la prescrizione (da dieci anni a venti) e consentendo così di punire casi vecchi di decenni, anche quando per le leggi civili non erano più giudicabili. Inoltre, è stato il Papa che ha ridotto allo stato laicale i colpevoli in presenza di prove evidenti.

Benedetto XVI ha voluto ricomporre lo scisma post-conciliare; ha portato in campo un dialogo a tutto campo con le grandi potenze del pianeta, come gli Stati Uniti e la Russia; ha alzato l’asticella dei valori non negoziabili per la teologia cattolica.

Benedetto XVI è stato il primo pontefice a introdurre una teologia ambientale anticipando Francesco e ha avanzato una serie di letture critiche dell’ideologia neoliberista che ha amplificato la forza della critica di Giovanni Paolo II. Ratzinger condannò a suo tempo il comunismo definendo l’Unione Sovietica “una vergogna dei nostri tempi”, ma dopo l’ascesa al soglio pontificio ha invitato a coordinare il libero mercato con il senso di responsabilità dell’uno verso l’altro.

Convinto assertore del rapporto dialettico necessario tra Fede e Ragione, si è sottolineato su “Osservatorio Globalizzazione”, “Benedetto XVI ha indicato sempre nell’uomo il fine dell’azione evangelizzatrice e del ragionamento della dottrina sociale della Chiesa”. Summa di questa complessa visione “è l’enciclica Caritas in veritate, pubblicata nel 2009, definibile senza alcuna remora una delle opere più fondamentali per l’evoluzione del pensiero economico nel XXI secolo. L’enciclica, “erede della Popolorum progressio di Paolo VI e della grande produzione sociale di Giovanni Paolo II, teorizza il rifiuto dell’accumulazione capitalistica” compiuta riducendo lo spazio d’azione dell’uomo e la sua autonomia. Ribadisce la centralità del lavoro, difende l’economia civile fondata su dono e gratuità come antitesi a quella puramente competitiva dell’era neoliberista. Mario Draghi, ai tempi governatore della Banca d’Italia, commentò per l’Osservatore Romano il lavoro di Ratzinger sottolineando come il portato principale dell’enciclica fosse la presa di consapevolezza del fatto che ogni decisione economica ha conseguenze di carattere morale.

Secondo lo storico ed economista Giulio Sapelli “la Caritas in veritate indica che ci può essere una formazione economico-sociale oltre al capitalismo”, esaltando la pluralità delle forme di organizzazione, dall’impresa sociale alla cooperazione. L’accademico torinese ha ricordato il contributo essenziale dato da Ratzinger al pensiero economico, dato che dall’alto del suo ruolo pontificale Benedetto XVI “ha denunciato la finanza fine a se stessa, la speculazione, la disoccupazione. La Caritas in veritate è animata da un vero e proprio atto d’accusa contro l’accumulazione capitalistica e il profitto fine a sè stesso”.

Per Ratzinger lo sviluppo non si può ridurre alla mera crescita economica e, affinché ci possa essere autenticità esso deve essere integrale, volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. “Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera”, scrive Ratzinger rifiutando la dottrina individualista del neoliberismo e indicando la strada dell’identificazione di una doppia radice, antropologica e teologica, nella risposta ai problemi globali.

In sostanza, il progetto principale del pontificato di Benedetto XVI è stato il recupero dell’ancoraggio della Chiesa cattolica alla cultura occidentale e di un concetto integrato di ragione umana. John Waters ha scritto su Il Foglio parole importanti sulla grande inattualità di Ratzinger, “preoccupato dalla possibilità che l’Occidente cadesse in un nuovo periodo buio proveniente dai laboratori scientifici, dai media mendaci, dalla perversione dell’istruzione universitaria, dalla corruzione della democrazia parlamentare, dalla crescita insidiosa dell’influenza ideologica delle Nazioni Unite – tutti quei pilastri della dittatura del relativismo” da lui più volte denunciati. Inattualità, quella ratzingeriana, tale da rendere quasi rivoluzionari alcuni suoi discorsi, come quello pronunciato nel 2012 sul diritto a non emigrare, che gettava una luce importante sul ruolo dell’Occidente nel causare l’emigrazione di massa dall’Africa attraverso politiche incapaci di liberarla dalla trappola del sottosviluppo.”

Anche dopo il suo ritiro quasi monacale dopo le dimissioni dal pontificato, “benedettino” nel senso primigenio del termine, Ratzinger non ha smesso di produrre scritti e pensieri sui temi di sua attenzione. Fornendo dall’esterno sostegno alla marcia della Chiesa nell’era Bergoglio e scansando ogni tentativo tardo-reazionario di contrapporlo a Francesco.

Soprattutto, continuando fino all’ultimo giorno a impegnarsi nell’inesauribile dialogo tra fede e ragione che lo ha ispirato per tutta la vita, con la curiosità del bambino degli scritti di Sant’Agostino in perenne ricerca del senso più profondo dell’esistenza.

“Habemus Papam” – Storia dei Conclavi. Le elezioni pontificie da S. Pietro a Benedetto XVI [RAI]

22 Gennaio 2013

Il Papa. Le divisioni tra i cristiani deturpano il volto della Chiesa

Filed under: articoli,PAPA — giacomo.campanile @ 20:19
Il Papa. Le divisioni tra i cristiani deturpano il volto della Chiesa
immagineAll’Angelus il Papa invita i fedeli all’impegno spirituale per la Settimana di preghiera per l’unitàUna delle colpe più gravi “che deturpano il volto della Chiesa” è quella “contro la sua unità visibile”, in particolare “le storiche divisioni che hanno separato i cristiani e che non sono state ancora superate”. Lo ha detto il Papa all’Angelus di domenica 20 gennaio, in piazza San Pietro, parlando della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio sul tema “Quello che esige il Signore da noi”, tratto da un’espressione del profeta Michea.
Per il Pontefice l’appuntamento ecumenico annuale rappresenta “un momento sempre gradito ai credenti e alle comunità, che risveglia in tutti il desiderio e l’impegno spirituale per la piena comunione”. In proposito Benedetto XVI ha ricordato la “significativa” esperienza della veglia di preghiera celebrata il 29 dicembre scorso in piazza San Pietro con migliaia di giovani di tutta Europa e con la comunità di Taizé: “un momento di grazia – lo ha definito – in cui abbiamo sperimentato la bellezza di formare in Cristo una cosa sola”.
“Incoraggio tutti a pregare insieme affinché possiamo realizzare “quello che esige il Signore da noi”” ha detto quindi rilanciando il tema della Settimana di preghiera. Un tema – ha spiegato – “proposto da alcune comunità cristiane dell’India, che invitano a impegnarsi con decisione verso l’unità visibile tra tutti i cristiani, e a superare, come fratelli in Cristo, ogni tipo di ingiusta discriminazione”. Da qui l’invito del Pontefice a unirsi a lui venerdì prossimo, 25 gennaio, festa della conversione di san Paolo apostolo, quando presiederà la celebrazione dei Vespri nella basilica di San Paolo fuori le mura, alla presenza dei rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali.
In conclusione, prima di rivolgere particolari espressioni di saluto ai diversi gruppi linguistici presenti alla preghiera, il Papa ha lanciato un appello alla pace, invitando i fedeli a pregare “perché, nei diversi conflitti purtroppo in atto, cessino le ignobili stragi di civili inermi, abbia fine ogni violenza, e si trovi il coraggio del dialogo e del negoziato”.

Fonte vaticana

18 Gennaio 2013

Benedetto XVI. Umiltà e preghiera per raggiungere il traguardo dell’unità

Filed under: articoli,PAPA — giacomo.campanile @ 08:31
Benedetto XVI. Umiltà e preghiera per raggiungere il traguardo dell’unità
immagineLe parole di Benedetto XVI durante l’Udienza alla delegazione ecumenica finlandese, in occasione della festa di sant’Enrico.
Alle ore 12 del 17 January 2013, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza una Delegazione Ecumenica della Chiesa Luterana di Finlandia in occasione dell’annuale Pellegrinaggio ecumenico a Roma, per celebrare la Festa di Sant’Enrico, patrono del Paese. Riportiamo di seguito le parole di saluto che il Papa ha rivolto ai presenti.

Eminenza, Eccellenze, Cari Amici,

Ancora una volta sono lieto di accogliere la vostra Delegazione Ecumenica in occasione della sua annuale visita a Roma per la festa di sant’Enrico, patrono della Finlandia. È appropriato che il nostro incontro si svolga alla vigilia della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, il cui tema, quest’anno, è tratto dal libro del profeta Michea: «Quel che il Signore esige da noi» (cfr. 6, 6-8).

Il profeta, naturalmente, spiega ciò che il Signore esige da noi: «praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il nostro Dio» (cfr. 6, 8). Il tempo del Natale, appena celebrato, ci ricorda che è Dio che, sin dall’inizio, ha camminato con noi e che, nella pienezza dei tempi, si è fatto carne per salvarci dai nostri peccati e per guidare i nostri passi sul cammino della santità, della giustizia e della pace.

Il camminare umilmente alla presenza del Signore, nell’obbedienza alla sua parola salvifica e con fiducia nel suo disegno generoso, è un’immagine eloquente non solo della vita di fede, ma anche del nostro percorso ecumenico sulla via verso l’unità piena e visibile di tutti i cristiani. In questo cammino di discepolato, siamo chiamati ad avanzare insieme sulla stretta via della fedeltà alla volontà sovrana di Dio, affrontando qualsiasi difficoltà od ostacolo che possiamo incontrare.

Per procedere sulle vie della comunione ecumenica è, dunque, necessario che siamo sempre più uniti nella preghiera, sempre più impegnati nella ricerca della santità e sempre più coinvolti nei campi della ricerca teologica e della cooperazione al servizio di una società giusta e fraterna.

Su questo cammino di ecumenismo spirituale, davvero procediamo con Dio e gli uni con gli altri nella giustizia e nell’amore (cfr. Mic 6, 8), poiché, come afferma la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, «noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere» (n. 15).

Cari amici, è mio auspicio che la vostra visita a Roma aiuti a rafforzare le relazioni ecumeniche tra tutti i cristiani in Finlandia. Ringraziamo Dio per quanto è stato realizzato finora, e preghiamo affinché lo Spirito di verità guidi i discepoli di Cristo nel vostro Paese verso un amore e un’unità sempre più grandi, mentre cercano di vivere alla luce del Vangelo e di portare tale luce nelle grandi questioni morali che le nostre società devono affrontare oggi!

Camminando insieme con umiltà sulla via della giustizia, della misericordia e della rettitudine che il Signore ci ha indicato, i cristiani non solo dimoreranno nella verità, ma saranno anche fari di gioia e di speranza per tutti coloro che stanno cercando un punto di riferimento sicuro nel nostro mondo in rapido mutamento.

All’inizio di questo Nuovo Anno, vi assicuro la mia vicinanza nella preghiera. Su tutti voi invoco di cuore la sapienza, la grazia e la pace di Gesù Cristo nostro Redentore.

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