La chiesa di S.Maria in Via (nella foto sopra), situata nell’omonima via, fu iniziata da Giacomo Della Porta nella seconda metà del Cinquecento ma fu portata a termine da Carlo Rainaldi nel 1681. L’origine del suo nome “in via” è alquanto incerto: alcuni ritengono possa derivare dalla sua vicinanza alla via Lata (l’odierna via del Corso), nodo cruciale della zona, altri dalla sua posizione in quanto, come ancora oggi è ben visibile, la chiesa era situata “in via”, ovvero “in mezzo alla strada”. La chiesa si presenta con un’alta facciata in travertino, distribuita su due ordini orizzontali: quello superiore presenta due vasi fiammeggianti e due snelle volute disposte ai lati del prospetto, al centro del quale si apre un finestrone balaustrato, affiancato da due colonne corinzie e sormontato da un timpano centinato con conchiglia; un timpano composto, formato dall’inserimento di un timpano curvilineo in uno triangolare, conclude la sommità della facciata. L’ordine inferiore presenta un alto portale timpanato e fiancheggiato da due colonne corinzie; ai lati sono poste due eleganti finestre anch’esse timpanate. Notevole il fregio con cui si conclude il primo ordine, impreziosito da angioletti e ghirlande vegetali, al centro del quale è situata una targa che così recita: “FRONS ERECTA A D MDXCVI RESTITUTA MDCCCC“, ovvero “Facciata eretta nell’anno del Signore 1596 (e) restaurata nel 1900”. Sopra il fregio, a separare i due ordini, corre invece la lunga iscrizione: “DEO IN HON(OREM) MARIAE VIRGINIS MATRIS DEI DD A MCCLVI”, ovvero “Dedicata a Dio in onore della Vergine Maria Madre di Dio nell’anno 1256”. Questo fu un anno molto significativo per la chiesa, anche se non fu quello di fondazione: le sue origini, infatti, sono più antiche, in quanto è già ricordata in una bolla papale di Agapito II nel 955, ma fu l’anno 1256 che conferì alla chiesa grande fama e notorietà. Dove oggi sorge la chiesa in passato vi erano le stalle del contiguo palazzo del cardinale Pietro Capocci, a sua volta adiacente alla chiesetta originaria. Si narra che, nella notte tra il 26 ed il 27 settembre 1256, un servo del cardinale, forse volontariamente, fece cadere nel pozzo situato nelle stalle un’immagine della Madonna dipinta su una tegola di terracotta. A quel punto accadde il fatto miracoloso: l’acqua iniziò a fuoriuscire dal pozzo ed in poco tempo allagò tutto l’ambiente. I cavalli, impauriti, iniziarono a nitrire ed a scalpitare, svegliando gli stallieri che si affrettarono a mettere in salvo le bestie. In mezzo a questo trambusto uno degli uomini si accorse che una pietra galleggiava sull’acqua e, avvicinandosi, si accorse che si trattava della stessa tegola con l’immagine della Madonna che era caduta nel pozzo. Il cardinale Capocci, informato dei fatti, accorse immediatamente nella stalla e, dopo una breve preghiera, raccolse la tegola con il dipinto e la fuoriuscita dell’acqua terminò. Il cardinale, dopo aver informato dei fatti papa Alessandro IV, decise di far erigere una cappella intorno al pozzo miracoloso, da consacrare alla Madonna, attigua alla chiesa già esistente. Sotto il pontificato di papa Innocenzo VIII, intorno al 1491, la chiesa fu riedificata ed affidata qualche anno dopo (1513) da papa Leone X Medici ai Padri Serviti di Maria. Grazie alla generosità di monsignor Giovanni Battista Canobi, primo segretario di Gregorio XIII e di Clemente VIII, nel 1592, sotto la direzione di Giacomo Della Porta e, subito dopo, di Francesco da Volterra, ebbe inizio la ricostruzione della facciata che, in antecedenza, era molto semplice.
Fu in occasione di questi lavori che la cappella ed il pozzo vennero inglobati all’interno della chiesa (nella foto 1), come dimostra la maggiore profondità di questa cappella rispetto alle altre. Interrotti i lavori per la morte del Canobi (1596), questi furono ripresi nel 1609 per iniziativa del cardinale Roberto Bellarmino e sotto la direzione di Carlo Lambardi. Tuttavia la facciata, come ora si presenta, fu completata nel 1681 da Carlo Rainaldi su commissione di monsignor Giorgio Bolognetti, congiunto del Canobi.
L’interno, a navata unica terminante con l’abside, presenta quattro cappelle per lato: la prima a destra è la Cappella della Madonna del Pozzo (nella foto 2), dove sono custoditi sia il pozzo che l’Immagine della Vergine, opera di pittore di scuola romana del XIII secolo, inserita all’interno di un tabernacolo seicentesco. L’evento miracoloso è tuttora ricordato con un rubinetto situato accanto al pozzo dal quale viene attinta l’acqua miracolosa che i fedeli bevono con fiduciosa devozione o portano a congiunti e conoscenti infermi. L’altare, restaurato nel XVIII secolo a spese del cardinale P.F. Bussi, titolare della chiesa, è formato da un paliotto in marmi policromi recante al centro una croce raggiata in ottone dorato ed alle due estremità due stemmi cardinalizi in mosaico. Al di sopra del paliotto due colonne con capitelli corinzi sorreggono due elementi di timpano triangolare spezzato; al centro di questi, un retablo con iscrizione tra due volute laterali sormontato da una lunetta. Sulla parete sinistra un ampio dipinto raffigura il cardinale Capocci attorniato dal suo seguito mentre recupera l’immagine della Beata Vergine emersa dalle acque del pozzo. Secondo una nota esistente nell’archivio del convento, il dipinto fu eseguito nel 1672 da un artista veneto per volontà del cardinale Carlo Carafa della Spina, che nel 1675 sarebbe divenuto titolare della chiesa. Sempre sulla parete sinistra è situato il monumento funebre a monsignor G.B. Canobi, fatto erigere nel 1681 dalla Confraternita del Ss.Sacramento che, dal 1576, data della sua fondazione, fino al 1724, data del suo trasferimento a piazza Poli, aveva sede in questa chiesa. Le altre cappelle sul lato destro sono: quella dedicata a S.Filippo Benizi, uno dei fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria, con la pala d’altare di Antonio Circignani, detto il Pomarancio, mentre gli altri dipinti sono di Tommaso Luini.
La terza è la Cappella Aldobrandini, dove possiamo ammirare la pala d’altare raffigurante “l’Annunciazione” e due tele, “Adorazione dei Magi” e “Natività”, opere del Cavalier D’Arpino (1596). Gli inserti della volta (nella foto 3, “Eterno Padre”, “Noli me tangere”, la “Trasfigurazione”, la “Pentecoste” e “l’Assunzione”) furono eseguiti dai fratelli fiorentini Jacopo e Francesco Zucchi tra il 1595 ed il 1596.
La quarta cappella fu progettata da Carlo Francesco Lambardi come cappella di famiglia ed è dedicata alla Santissima Trinità (nella foto 4). La pala d’altare raffigurante “La Santissima Trinità” è un’opera composta, con un crocifisso ligneo del XVI secolo attribuito ad uno scultore romano.
Nell’abside, sull’altare maggiore (nella foto 5), circondata da Angeli, è collocata la statua della “Vergine Addolorata”, molto venerata in tutte le chiese dell’Ordine dei Servi di Maria. Le Cappelle sul lato sinistro sono dedicate a S.Andrea Apostolo, al Sacro Cuore di Gesù, ai Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria ed a S.Pellegrino Laziosi, del medesimo Ordine.