S.Maria della Pace (nella foto sopra), situata in via dell’Arco della Pace, sorge in luogo dell’antica “S.Andrea de Acquarenariis“, nome che deriva dai numerosi venditori di acqua presenti nella zona, i quali, attingendo direttamente dal Tevere, dovevano purgare l’acqua dalla “rena” che vi era mescolata. La leggenda narra che nel 1480 un’immagine della Vergine posta sotto il portico (nella foto 1, oggi situata sull’altare maggiore), colpita da un sasso lanciato da un soldato ubriaco, si mise a sanguinare. Papa Sisto IV, informato dell’accaduto, si recò personalmente sul luogo e fece cambiare il nome della chiesa in “S.Maria della Virtù“, promettendo di rimediare allo stato fatiscente dell’edificio.
Così avvenne nell’anno 1482, anche se i lavori terminarono due anni dopo sotto Innocenzo VIII: la chiesa venne chiamata S.Maria della Pace per commemorare la conclusa pace di Bagnolo, l’atto che poneva fine alla Guerra di Ferrara tra la Repubblica di Venezia e il duca di Ferrara, Ercole d’Este. Il progetto della nuova chiesa fu affidato all’architetto Baccio Pontelli mentre nei primi anni del 1500 il Bramante realizzò il chiostro ed il convento annessi. Il chiostro (nella foto 2), in particolare, rappresenta e costituisce il più bell’esempio di corte del primo Rinascimento a Roma, segnando un armonico rinnovamento nella costruzione delle logge: alle quattro arcate del pianterreno, tutte rette da pilastri dorici su cui sono addossate paraste ioniche, corrisponde nella loggia superiore una duplicazione degli elementi portanti, dove pilastri compositi si alternano a colonne corinzie che cadono in asse con le chiavi degli archi sottostanti, creando otto aperture per lato, sopra le quali un architrave prende il posto degli archi a tutto sesto.
I due ordini sono separati dall’iscrizione dedicatoria che corre lungo la trabeazione: “DEO OPT MAX ET DIVE MARIE VIRGINI GLORIOSE DEIPARE CANONICIS QZ REGULARIBUS CONGREGATIONIS LATERANENSIS OLIVERIUS CARRAPHA EPS HOSTIENSIS CARD NEAPOLITAN PIE AFUNDAMENTIS EREXIT ANNO SALVATIS CRISTIANE MDIIII“, ossia “Oliviero Carafa vescovo di Ostia e cardinale di Napoli eresse dalle fondamenta a Dio Ottimo Massimo e alla divina Maria Vergine gloriosa madre di Dio per i Canonici Regolari della Congregazione Lateranense nell’anno della salvezza cristiana 1504”. I riferimenti al cardinale sono diffusi un po’ ovunque con altre iscrizioni incise sui fregi dei portali o con il suo emblema, sormontato dal cappello cardinalizio, scolpito sui pilastri angolari del pianterreno. Nel 1656 venne realizzata la splendida facciata convessa (nella foto sotto il titolo) per volontà di Alessandro VII Chigi e per opera di Pietro da Cortona: al pianterreno, coppie di colonne sorreggono il caratteristico portico semicircolare, al di sopra del quale corre un’iscrizione che, tradotta dal latino, così recita: “Portino i monti la pace al popolo e i colli la giustizia”, in riferimento alle sei cime dello stemma Chigi di Alessandro VII, situato sotto il portico stesso. Sopra di esso il secondo ordine, anche questo leggermente convesso e scandito da lesene e specchiature, costituito da un finestrone e da un maestoso doppio timpano. Ai lati della chiesa si dipartono due alti pilastri con colonne ornati da putti che sostengono cornici (dedicate ad Alessandro VII quella di destra e a Sisto IV quella di destra) e raccordati alla chiesa tramite passaggi a piattabanda e due corpi di fabbrica concavi. La cupola fu aggiunta solo nel 1524 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane ed è ornata da stucchi di Pietro da Cortona e da pitture del Peruzzi e di Carlo Maratta.
Si accede alla chiesa attraverso l’antico portale quattrocentesco: l’interno è a navata unica ed ospita la bellissima Cappella Chigi (nella foto 3), la prima a destra, eretta, su commissione del banchiere senese Agostino Chigi su disegno di Raffaello (poi allestita e completata da Pietro da Cortona), che ideò e realizzò anche l’affresco raffigurante “Sibille e Angeli”, posto sopra l’arco della cappella, nonché i quattro “Profeti” nella soprastante lunetta, poi eseguiti dal suo allievo Timoteo Viti nel 1514. Il corredo scultoreo è dominato dall’altorilievo raffigurante “Cristo trasportato dagli angeli” posto sull’altare, opera bronzea di Cosimo Fancelli, autore anche dei due santi laterali eseguiti in collaborazione con Ercole Ferrata, ovvero “S.Caterina” e “S.Bernardino”. Degne di nota anche la Cappella Cesi, opera di Antonio da Sangallo il Giovane, e la Cappella Mignanelli, ornata di splendidi marmi provenienti dallo scomparso “Tempio di Giove Ottimo Massimo“.