15 Dicembre 2010
San Giovanni della Croce
San Giovanni della Croce, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e dottore della Chiesa, che, su invito di santa Teresa di Gesù, fu il primo tra i frati ad aggregarsi alla riforma dell’Ordine, da lui sostenuta tra innumerevoli fatiche, opere e molte difficoltà.
Nei suoi scritti poetici e teologici, ascese attraverso la notte oscura dell’anima alla montagna di Dio, cercando una vita di interiore nascondimento in Cristo e lasciandosi ardere dalla fiamma dell’amore di Dio. Il suo motto fu todo hai nada, che sintetizzava tutta la sua spiritualità.
Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell’Incarnazione di Avila. Venne erroneamente incolpato e incarcerato per otto mesi per un incidente interno al monastero. Fu in carcere che scrisse molte delle sue poesie. Morì a 49 anni tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda.
Celebri i suoi aforismi: “Nella sera della tua vita sarai esaminato sull’amore”, e “dove non c’è amore, metti amore e ne ricaverai amore“. Canonizzato da Benedetto XIII il 27 dicembre 1726, venne proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926.
Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente.
Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei. SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Opere, Salita del Monte Carmelo, libro I, cap. 13,di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 14/12/201
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Santa Lucia Vergine e martire
La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana.
Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all’anno 304). Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando. Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un’epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia. Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant’Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un’altra a Roma.
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 13/12/2010 – 444 letture
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Beata Vergine Maria di Loreto
Loreto la capitale del Presepe.
Il Santuario di Loreto è sorto nel luogo in cui, secondo un’antica tradizione, la dimora di Maria Vergine sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli.
Questa basilica è meta di continui pellegrinaggi, e considerata la “Lourdes italiana. La convinzione di questa miracolosa traslazione ha spinto papa Benedetto XV a costituire la Beata Vergine di Loreto “Patrona principale presso Dio di tutti gli aeronautici”.
Papa Giovanni Paolo II, riferendosi alla Santa Casa di Loreto afferma: “Quello Lauretano è un Santuario mirabile. In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita.
Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…”.
di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 10/12/2010http://www.vivereroma.org/index.php?page=articolo&articolo_id=273732
Monumenti. – Il celebre santuario sorse intorno alla Santa Casa, in sostituzione di un’umile chiesetta, per volontà di Paolo II. La costruzione fu iniziata nel 1468 con forme di transizione dal gotico al Rinascimento, e condotta innanzi sotto la direzione di Marino di Marco Cedrino veneto, dal 1471, e di Giuliano da Maiano, dal 1476. Per incarico di Innocenzo VIII Baccio Pontelli fortificò la chiesa munendola di un cammino di ronda su beccatelli; il che le conferisce, specialmente nella parte absidale, una notevole impronta di originalità; tra il 1498 e il 1500 Giuliano da Sangallo voltò la cupola. In seguito Bramante (1519-1551), Andrea Sansovino (1513-1526), Antonio da Sangallo il Giovane (1531-1535) introdussero varie modificazioni al primitivo organismo costruttivo, accentuando i caratteri del Rinascimento.
La facciata della basilica è opera di Giovanni Boccalini e fu condotta a termine da Lattanzio Ventura (1571-1587); s’adorna principalmente di tre mirabili porte di bronzo (1590-1610) dovute: la mediana ad Antonio Lombardi, quella nord a Tiburzio Vergelli in collaborazione con G. B. Vitale, quella sud ad Antonio Calcagni con l’aiuto di Tarquinio Jacometti e di Sebastiano Sebastiani. Il campanile fu costruito su disegno del Vanvitelli tra il 1750 e il 1754.
L’interno della basilica è ricco d’opere artistiche. La S. Casa ha un rivestimento architettonico di marmo con figurazioni relative alla vita della Vergine e statue di profeti e sibille, dovute ad Andrea Sansovino, Aurelio e Girolamo Lombardi, Raffaello da Montelupo, Baccio Bandinelli, Simone Mosca e altri; le porte bronzee furono lavorate dal Calcagni, dal Vergelli e da Ludovico e Girolamo Lombardi. L’altare interno della S. Casa, distrutto da un incendio nel 1921, fu ricostruito su disegno di Guido Cirilli.
Di grande interesse sono gli affreschi di Melozzo da Forlì con la collaborazione di Marco Palmezzano nella sagrestia di S. Marco, nella cui vòlta, divisa in otto spicchi, aleggiano con belli effetti di scorcio, otto figure di angeli recanti i simboli della Passione e sotto di essi posano altrettante figure di profeti contraddistinte dai versetti dei vaticinî; e gli affreschi di Luca Signorelli e dei suoi aiuti nella sagrestia detta “della Cura”, esprimenti nella vòlta angeli musicanti, evangelisti e dottori della Chiesa e tutt’intorno nelle pareti le figure degli apostoli e sopra la porta la Conversione di S. Paolo. Questa sagrestia è adorna altresì di un lavabo marmoreo, fine opera di Benedetto da Maiano, e di armadî con belle tarsie del sanseverinate Domenico Indivini (fine sec. XV).
I portali delle quattro sagrestie sono ritenuti opera di Benedetto e di Giuliano da Maiano; erano adorni in origine di lunette in terracotta del sec. XVI, delle quali due soltanto sono conservate (S. Luca, S. Matteo). Notevoli sono alcune opere di bronzo del sec. XVI che si trovano nella basilica: candelabri, cornucopie, ornamenti d’altare e in particolar modo il fonte battesimale, di Tiburzio Vergelli e dei suoi aiuti.
Tra le cappelle antiche va ricordata quella sontuosissima del duca Francesco Maria II d’Urbino, decorata di stucchi da Federico Brandani e di affreschi da Federico Zuccari, negli ultimi anni del sec. XVI.
Alla decorazione delle moderne cappelle delle Nazioni hanno lavorato gli architetti G. Sacconi e G. Cirilli e i pittori L. Seitz, B. Biagetti, M. Faustini, A. Gatti, ecc.; Cesare Maccari affrescò la grande cupola ispirandosi alle litanie lauretane.
Nell’aula del Tesoro, che ha il soffitto affrescato dal Pomarancio (1605-1610), sono conservati magnifici parati sacri e, unico resto dell’antico tesoro asportato dai Francesi, un’interessante statuetta bronzea di scuola limosina del sec. XIII.
Nella Piazza della Madonna è la statua in bronzo di Sisto V, di Antonio Calcagni, forse con la collaborazione di Tiburzio Vergelli e di altri; e l’elegante fontana eseguita su disegno di Carlo Maderno e di Giovanni Fontana tra il 1604 e il 1614, cui dieci anni dopo furono aggiunte le decorazioni bronzee dei fratelli Jacometti.
Il Palazzo apostolico, imponente costruzione che delimita per due lati la piazza (e secondo il primitivo progetto avrebbe dovuto chiuderla, ma il grandioso doppio porticato rimase incompiuto nel terzo lato) fu iniziato dal Sansovino, continuato da Antonio da Sangallo e dal Nerucci e terminato da G. Boccalini. Nell’interno del palazzo hanno sede il ricco archivio della S Casa che risale ai primi del’500, e varie importanti collezioni d’arte: quadri, arazzi, ceramiche pregevolissime.
Nella città altre opere degne di nota sono: la fontana “dei Galli” nella piazza omonima, commessa ai fratelli Jacometti nel secondo decennio del sec. XVII dal cardinale A. M. Gallo; la “porta Romana” costruita, per lo stesso cardinale, da Pompeo Floriani di Macerata e adorna di stemmi e di due statue del fiorentino Simone Cioli; infine la cinta di mura castellane, cominciata a costruire nel 1518 dall’architetto imolese Cristoforo Resse su disegni di Antonio da Sangallo e di Andrea Sansovino, e completata con l’inserimento di baluardi pentagonali nella prima metà del sec. XVII.
Immacolata Concezione
E’ una festa molto sentita dal popolo italiano. Maria è la tutta santa, immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura. Maria è la Vergine che concepirà e partorirà un figlio il cui nome sarà Emmanuele. Il dogma dell’Immacolata Concezione fu proclamato da Pio IX nel 1854.
Secondo il francescano Giovanni Duns, detto Scoto perché nativo della Scozia, e chiamato il ” Dottor Sottile “, anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una Redenzione preventiva, prima e fuori del tempo. Ella fu preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del suo figlio divino. Ciò conveniva, era possibile, e dunque fu fatto. Dopo di lui, la dottrina dell’Immacolata fece grandi progressi, e la sua devozione si diffuse sempre di più. Dal 1476, la festa della Concezione di Maria venne introdotta nel Calendario romano.
Nel 1830, la Vergine apparve a Santa Caterina Labouré, la quale diffuse poi una ” medaglia miracolosa ” con l’immagine dell’Immacolata, cioè della ” concepita senza peccato “. Questa medaglia suscitò un’intensa devozione, e molti Vescovi chiesero a Roma la definizione di quel dogma. Così, l’8 dicembre 1854, Pio IX proclamava la ” donna vestita di sole ” esente dal peccato originale, tutta pura, cioè Immacolata. Quattro anni dopo, le apparizioni di Lourdes apparvero una prodigiosa conferma del dogma che aveva proclamato la Vergine ” tutta bella “, ” piena di grazia ” e priva di ogni macchia del peccato originale.
Eventi religiosi e culturali allieteranno la giornata dell’8 dicembre. Si inizia di buon mattino, a partire dalle 7:30, quando, secondo tradizione, i Vigili del Fuoco adorneranno di fiori i polsi della statua dell’Immacolata Concezione in piazza Mignanelli. Una caratteristica cerimonia che si ripete tutti gli anni, fin dal 1938. Grande attesa per la visita di Papa Benedetto XVI, che, alle 16:00, si recherà sul posto, a rendere omaggio alla statua della Vergine
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 08/12/2010
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Sant’ Ambrogio
Nato a Treviri,340 muore a Milano, 397, vescovo, scrittore e uomo politico, fu una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo d.C.
Aurelio Ambrogio, membro di due importanti famiglie senatorie romane cristiane (la famiglia degli Aurelii, da parte materna, la famiglia dei Simmaci, da parte paterna), nacque forse nel 339-340 a Treviri (Gallia), dove il padre era prefetto del pretorio.
Destinato alla carriera amministrativa sulle orme del padre, frequentò le migliori scuole di Roma, partecipando poi alla vita pubblica della città e ricevendo un’educazione classica, in diritto, letteratura e retorica.
Governatore delle province del nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374. Rappresenta la figura ideale del vescovo, pastore, liturgo e mistagogo. Le sue opere liturgiche, i commentari sulle Scritture, i trattati ascetico-morali restano memorabili documenti del magistero e dell’arte di governo.
In epoca di grandi traformazioni culturali e sociali, la sua figura si impose come simbolo di libertà e di pacificazione. Autore di celebri testi liturgici, è considerato il padre della liturgia ambrosiana.
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 07/12/2010
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San Nicola di Bari. Morì a Myra il 6 dicembre, presumibilmente dell’anno 343
La storia di San Nicola, patrono di Bari, tra i santi più venerati al mondo
San Nicola nacque probabilmente a Pàtara di Licia, tra il 260 ed il 280, da Epifanio e Giovanna che erano cristiani e benestanti. Cresciuto in un ambiente di fede cristiana
Si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva farle maritare decorosamente, abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno e, di notte, l’abbia gettato nella casa dell’uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio.
In seguito lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo. Imprigionato ed esiliato nel 305 durante le persecuzioni anti-cristiane emanate da Diocleziano, fu poi liberato da Costantino nel 313 e riprese l’attività apostolica. Morì a Myra il 6 dicembre, presumibilmente dell’anno 343, forse nel monastero di Sion.
di Giacomo Campanile
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 06/12/2010
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SAN NICOLA, LA VERA STORIA DI BABBO NATALE
Come, quando e perché un eroe cristiano della carità, uno dei santi più popolari, vescovo di Myra e patrono di Bari, è diventato un’icona pop e simbolo (anche commerciale) del vecchio Santa Claus che porta i doni delle feste ai bambini
È uno dei santi più amati e venerati in tutto il mondo, unisce cattolici e ortodossi, vanta numerose leggende e miracoli, le sue reliquie, conservate a Bari, sono ancora oggi contese e ogni tanto la Turchia ne chiede la restituzione dopo che furono trafugate da Myra nel 1087 da parte di alcuni marinai baresi.
È così popolare, San Nicola, da aver ispirato persino la figura di Babbo Natale. Il motivo? Forse un episodio della vita del Santo che prima di essere ordinato vescovo s’ imbatté in una famiglia nobile e ricca caduta in miseria. Il padre, che si vergognava dello stato di povertà in cui versava, decise di avviare le figlie alla prostituzione. Nicola, nascondendosi, lasciò scivolare dalla finestra dell’ abitazione dell’ uomo tre palle d’ oro, che ricorrono nell’ iconografia classica con cui viene rappresentato, grazie alle quali l’ uomo poté far sposare le figlie e risparmiare loro l’ onta della prostituzione.
Così è diventato Santa Claus
Il Santo vescovo di Myra, nei secoli, è stato legato alla figura del vecchio portadoni. È diventato il Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta regali ai bambini.
Ogni popolo lo ha fatto proprio, vedendolo sotto una luce diversa, pur conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella di difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie.
Una “scristianizzazione” sottile, se vogliamo, ma che al contempo dà l’ idea della sua grande popolarità. Nei primi decenni del 1800 San Nicolaus (da cui Santa Claus) grazie a una poesia di Clement Clarke Moore diventò il Babbo Natale che tutti conosciamo. E una delle sue rappresentazioni più famose è quella legata alla pubblicità della Coca Cola dove appare rubicondo, di rosso vestito e con la barba bianca, che viaggia nel cielo su una slitta trainata dalle renne. La pubblicità della multinazionale americana debuttò nel 1931 e nacque dalla penna dell’illustratore Haddon Sundblom, che mise insieme i ricordi di San Nicola e il personaggio dello “spirito del Natale presente”, descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale. A portare il culto del Santo a Nieuw Amsterdam (New York) in America furono gli olandesi.
Le spoglie trafugate dai baresi
È patrono dei bambini e ragazzi ma anche delle fanciulle che si avviano al matrimonio e dei marinai. Nel 1087 una spedizione navale partita dalla città di Bari verso Myra, divenuta nel frattempo musulmana, si impadronì delle spoglie del Santo, che nel 1089 vennero definitivamente poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore.
L’ idea di trafugare le sue spoglie venne ai baresi nel contesto di un programma di rilancio dopo che la città, a causa della conquista normanna, aveva perduto il ruolo di residenza del catepano e quindi di capitale dell’ Italia bizantina. In quei tempi la presenza in città delle reliquie di un santo era importante non solo dal punto di vista spirituale ma anche mèta di pellegrinaggi e quindi fonte di benessere per l’ indotto economico generato.
L’inconografia tra sacro e profano
Il suo emblema è il bastone pastorale, simbolo dell’episcopato, e tre sacchetti di monete, o anche tre palle d’oro, queste in relazione alla leggenda della dote concessa alle tre fanciulle. Nello stemma di Collescipoli (Terni) è rappresentato a cavallo con un fanciullo alle sue spalle. Negli affreschi dell’Abbazia di Novalesa (XI secolo), tra i primi conosciuti in occidente, porta il pastorale e indossa una casula blu e una raffinata stola a motivi geometrici. Tradizionalmente viene quindi rappresentato vestito da vescovo con mitra e pastorale.
L’attuale rappresentazione in abito rosso bordato di bianco origina dal poema A Visit from St. Nicholas del 1821 di Clement C. Moore, che lo descrisse come un signore allegro e paffutello, contribuendo alla diffusione della figura mitica e folkloristica di Babbo Natale. Nella Chiesa ortodossa russa san Nicola è spesso la terza icona insieme a Cristo ed a Maria col Bambino nell’iconostasi delle chiese.
Le tradizioni del Santo porta doni in Italia e in Europa
La tradizione di San Nicola che porta regali ai bambini in Italia è festeggiata anche a Bari, Molfetta, Trieste e Bolzano, in Friuli e in Alto Adige, nel Bellunese e nella Sinistra Piave, sotto il nome di San Nicolò-
Nelle località dell’Arco Alpino (Svizzera, Austria, Alto Adige) San Nicolò è solitamente accompagnato da un personaggio chiamato Krampus (Knecht Ruprecht nelle località più settentrionali) una sorta di diavolo a cui si attribuisce il ruolo di rapitore di bambini.
San Nicola è molto popolare anche in altri paesi Europei (Paesi Bassi, Francia, Belgio, Austria, Svizzera, Germania, Estonia e Repubblica Ceca).
Nei Paesi Bassi, in Belgio e in Lussemburgo, Sinterklaas (Kleeschen in lussemburghese) viene festeggiato due settimane prima del 5 dicembre, data in cui distribuisce i doni (il suo compleanno risulta essere il 6 dicembre). Il culto di san Nicola fu portato a Nuova Amsterdam (New York) dai coloni olandesi (è infatti il protettore della città di Amsterdam), sotto il nome di Sinterklaas, dando successivamente origine al mito nordamericano di Santa Claus, che in Italia è quindi diventato Babbo Natale. Sinterklaas appare come personaggio in numerose storie a fumetti Disney di produzione olandese.
12 Dicembre 2010
Bibbia per tutti.I ciechi vedono Mt 11,2-11
«Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,
giunge la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Is 35,1-6
Il nostro cuore è pieno di gioia perchè per noi c’è una grossa novità. E’ arrivata la salvezza per noi. In cosa consiste questa salvezza? Il vangelo di Matteo lo dice chiaramente:«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Ecco il centro del messaggio evangelico, in Gesù che nasce in questo natale ritroviamo la nostra felicità. la salvezza è un fatto non è una teoria o quacosa di solo spirituale. La salvezza si può vedere e toccare è un bambino che nasce da una vergine, che sorride che ci guarda che ci ama. Che guarisce la cecità degli uomini che sono nelle tenebre. Questo figlio di Maria che è anche figlio di Dio ha il potere di guarire tutte le malattie per questo la gioia ci riempe. Il Messia fa camminare gli zoppi, egli ci guarisce dalla nostra inerzia, dall’impossibilita di andare verso gli altri e verso Dio per incontrarlo. Il Salvatore ci guarisce dalla lebbra del peccato ci rende puri e belli, la lebbra ci abbruttisce, la grazia ci rende luminosi e sani per amare. Anche la sordità malattia diffusissima oggi sia fisica che spirituale è sconfitta. Ora possiamo ascoltare e amare i nostri fratelli, ma abbiamo di nuovo la capacità di ascoltare e comprendere la Parola di Dio, che ci salva. Ecco il primo e ultimo frutto del della redenzione. Nascita come risurrezione e morte come nascita ecco il mistero sotereologico. Il vangelo non parla di idee, è molto concreto e reale cosi deve essere il nostro cristianesimo, incarnato e salvifico. L’evento cristologico porta a una nuova vita a una risurrezione, “i morti risuscitano” che grande speranza ci offre questa parola la morte è stata sconfitta in questo natale di Jesus anche se il compimento si attuerà alla Pasqua. E’ un continuo altarenare dialettico è il “già e non ancora” per l’umanità.
Tutte queste parole meravigliose si possono realizzare solo se non ci scandalizziamo dell’incarnazione del Figlio di Dio. E’ difficile accoglie questa salvezza cosi semplice ma anche assurda per la mentalità umana. Il bambino nato da Maria porta in se questa realtà, bisogna solo accoglierlo e avere fede in Lui.
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 11/12/2010
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4 Dicembre 2010
Bibbia per tutti. Il regno dei cieli è vicino Mt 3,1-12
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». Il vangelo odierno ci presenta l’austera figura di Giovanni Battista, cugino di Gesù e suo Precursore.
Giovanni è presentato da Matteo in modo preciso, ci dice come vestiva, che abitava nel deserto e perfino quello che mangiava. Giovanni Battista è una persona severa, che gridava nel deserto e riprendeva tutti ammonendoli a comportarsi meglio. Questo suo atteggiamento, indica la passione, l’impegno con il quale Giovanni annunciava la venuta del Figlio di Dio: in qualche modo si preoccupava che tutti potessero riconoscerlo e accoglierlo con cuore puro, sgombro da tante cose inutili. Lui è in qualche modo l’ultimo dei profeti presentati nella Bibbia, cioè è colui che sa ciò che Dio sta per compiere.
Giovanni ama il suo popolo e cerca di scuoterlo però si accorge di essere come una voce che grida nel deserto. Questo grido rimane inascoltato nel deserto non ci sono persone, questo annuncio di salvezza non è accolto cade nel nulla.Nel deserto della Giudea Giovanni dice: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Convertirsi cambiare rotta, dalla superficialità passare alla profondità dell’esistente, dalla banalità alla vivacità dell’amore verso gli altri, dalla vita inautentica vissuta nella menzogna alla gioia di vivere nella verità. Ecco cosa ci chiede il Battista. Il Regno di Dio è vicino è qui è Gesù Cristo, in Lui si realizza la salvezza dell’uomo. Le persone che ascoltavano il Battista sono farisei e sadducei, essi non erano lontani dalla fede, erano invece persone colte e conoscevano molto bene la Legge di Mosè e la osservavano, seguendo alla lettera i comandamenti e i precetti! A loro Giovanni dice ancora: “Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione…”.
Ciò significa che tutti sono bisognosi di conversione e salvezza sia i peccatori che quelli che si ritengono persone pie. Che l’adempiere la legge del Signore non ci preclude l’accoglienza della persona del messia che nasce a Betlemme, che la legge non salva ma come dice Paolo di Tarso è come un pedagogo che ci porta all’ unico Salvatore.
redazione@vivereroma.org
Questo è un Articolo pubblicato sul giornale del 04/12/2010
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