18 Giugno 2013

METODO DI STUDIO. LEZIONE NOVEMBRE 2019

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DISEGNARE la Pasqua. PASQUA 2020

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La lavanda dei piedi (Gv 13, 1-15)

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Ultima cena | Ultima cena di Gesù

 

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Gesù è condannato a morte

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CAPITALISMO COME RELIGIONE. Lezione gennaio 2019

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Walter Benjamin

KAPITALISMUS ALS RELIGION
CAPITALISMO COME RELIGIONE

Nel capitalismo va scorta una religione, vale a
dire, il capitalismo serve essenzialmente all’appagamento delle stesse ansie, pene e inquietudini alle quali un tempo davano risposta le cosiddette religioni. La prova di questa struttura religiosa del capitalismo – non solo, come intende Weber, come una formazione condizionata dalla religione, ma piuttosto come un fenomeno essenzialmente religioso – condurrebbe ancora
oggi nella falsa direzione di una smisurata polemica
universale. Non possiamo serrare la rete nella quale ci troviamo. In futuro, tuttavia, ne avremo una visione d’insieme.
Già nel momento presente possiamo però ricono-
scere tre aspetti di questa struttura religiosa del capita lismo. In primo luogo il capitalismo è una religione puramente cultuale, forse la più estrema che si sia mai data. In esso nulla ha significato se non in una relazione immediata con il culto; esso non presenta alcuna particolare dogmatica, alcuna teologia. L’utilitarismo acquista, in questa prospettiva, la sua tonalità religiosa.
Un secondo aspetto del capitalismo è connesso a questa concrezione del culto: la durata permanente del culto. 41

Il capitalismo è la celebrazione di un culto sans
[i]rêve et sans merci.’ Non esistono “giorni feriali”,
non c’è alcun giorno che non sia festivo, nel senso terribile del dispiegamento di tutta la pompa sacrale, dell’estrema tensione che abita l’adoratore. Questo culto è, in terzo luogo, colpevolizzante/indebitante. Il capitalismo è presumibilmente il primo caso di un culto che
non espia il peccato, ma crea colpa/debito. In ciò questo sistema religioso è preso nel gorgo di un movimento spaventoso. Una coscienza spaventosamente colpevole, che non sa come espiare, si afferra al culto, non
per espiare in esso questa colpa/debito, ma per renderla universale, per conficcarla a forza nella coscienza e, infine e sopra ogni cosa, per implicare Dio stesso in questa colpa/debito, al fine di suscitare in Lui stesso interesse per l’espiazione. Questa espiazione non ce la
si può attendere dal culto stesso, ma nemmeno dalla riforma di questa religione (che dovrebbe potersi basare su qualcosa di certo in essa) o dalla sua abiura.
L’essenza di questo movimento religioso che è il capitalismo implica perseveranza fino alla fine, fino all’ultima e completa colpevolizzazione/indebitamento di Dio, fino al raggiungimento di una condizione di
disperazione cosmica in cui proprio ancora si spera.
Qui sta ciò che nel capitalismo è senza precedenti: che la religione non è più riforma dell’essere, ma la sua completa rovina. L’estensione della disperazione a condizione religiosa cosmica dalla quale ci si attende la salvezza. La trascendenza di Dio è venuta meno. Ma Egli non è morto, è stato incluso nel destino umano.
Questo transitare del pianeta Uomo per la casa della
disperazione, nell’assoluta solitudine della sua traiettoria, è l’ethos che Nietzsche determina. 43

Quest’uomo è l’Übermensch, il primo che inizia coscientemente a realizzare la religione capitalista. Il suo quarto aspetto è che il suo Dio deve essere occultato, che non sarà permesso rivolgersi a Lui se non allo zenit della sua colpevolizzazione/indebitamento. Il culto viene celebrato davanti a una divinità immatura, ogni rappresentazione, ogni pensiero rivolto a questa divinità viola il segreto della sua maturità.
Anche la teoria freudiana appartiene al dominio
sacerdotale di questo culto. La sua concezione è interamente capitalistica. Per una profonda analogia che resta ancora da illuminare, il represso, la rappresentazione peccaminosa, è il capitale, su cui l’inferno dell’inconscio paga gli interessi.
Il tipo di pensiero religioso capitalistico trova
un’espressione grandiosa nella filosofia di Nietzsche.
Il pensiero dell’Übermensch traspone il “balzo” apocalittico non nel cambiamento di rotta, nell’espiazione, nella purificazione e nella penitenza, ma in un potenziamento in apparenza continuo, ma che alla fine esplode in discontinuità. Pertanto potenziamento ed evoluzione nel senso di “non facit saltum” sono incompatibili. L’Übermensch è l’uomo storico che è giunto
alla meta senza invertire il suo cammino, dopo esser cresciuto attraversando il cielo. Nietzsche ha pre-giudi-cato quest’esplosione del cielo per mezzo del potenziamento dell’umano,? che è e rimane (anche per Nietzsche) colpevolizzazione/indebitamento religioso.
E lo stesso vale per Marx: il capitalismo che non cambia rotta diventa socialismo con interessi semplici e composti, che sono funzione del debitolcolpa (si veda
la demoniaca ambiguità di questo concetto).
Il capitalismo è una religione di puro culto, senza
dogma.
Il capitalismo si è sviluppato in occidente come
parassita del cristianesimo strato non solo nel calvinismo, ma anche nelle altre
correnti cristiane ortodosse – in modo tale che, in ultima istanza, la storia del cristianesimo è essenzialmente quella del suo parassita, il capitalismo.
Confronto tra le immagini sacre di diverse religio-
come dev’essere dimoni da un lato e, dall’altro, le banconote di diversi stati.
Lo spirito che parla dall’apparato ornamentale delle banconote.
Capitalismo e diritto. Carattere pagano del diritto
Sorel, Réflexions sur la violence p. 2624
Superamento del capitalismo per mezzo della migrazione Unger, Politik und Metaphysik p. 445
Fuchs: Struktur der kapitalistische Gesellschaft o
qualcosa del genere
Max Weber: Ges.[ammelte] Aufsätze sur Religions-
soziologie 2 vol. 1919/207
Ernst Troeltsch: Die Soziallehren der chr.
[istlichen] Kirchen und Gruppen (Ges. [ammelte]
W.[erke] I 1912)8
Vedi innanzi tutto le indicazioni bibliografiche di
Schönberg, II
Landauer: Aufruf zum Sozialismus p. 144 10
Le inquietudini: una malattia dello spirito propria
dell’epoca capitalista. Spirituale (non materiale) mancanza di vie d’uscita nella povertà, monachesimo errante e mendicante. 46

Una condizione che è a tal punto
senza vie d’uscita è colpevolizzante/indebitante. Le
“inquietudini” sono l’indice di questa colpevole
coscienza di assenza di vie d’uscita. Le“inquietudini” nascono nell’angoscia per l’assenza di vie d’uscita che pertiene alla comunità, e non è individuale-materiale.
Il cristianesimo dell’epoca della Riforma non ha
favorito il sorgere del capitalismo, ma si è esso stesso trasformato nel capitalismo.
Dal punto di vista metodologico si dovrebbe anzi-
tutto analizzare quali connessioni il denaro ha stabilito con il mito nel corso della storia, finché non è arrivato a ricavare dal cristianesimo così tanti elementi mitici da poter costituire il proprio mito. Guidrigildo” / thesaurus delle buone opere / retribuzione che è dovuta al prete.

Plutone come dio della ricchezza 12
Adam Müller: Reden über die Beredsamkeit 1816
13
p. 56 seg.
Rapporto tra il dogma della natura risolutoria della
conoscenza, che in questa sua qualità è per noi al contempo assolutoria e mortale, con il capitalismo: il bilancio come conoscenza che [a un tempo] assolve e liquida.
Contributo alla comprensione del capitalismo
come una religione è il tenere a mente che il paganesimo originario sicuramente ha concepito la religione in primo luogo non come un interesse “morale” “più elevato”, ma come quello più immediatamente pratico; in altre parole, che, come il capitalismo odierno, esso non aveva piena coscienza della sua natura “ideale” o “trascendente”, ma anzi considerava l’individuo non religioso o con credenze diverse come membro assolutamente certo’4 della sua comunità, proprio nel senso in cui la borghesia odierna considera i propri appartenenti che non guadagnano denaro. 41

Ultimi volumi pubblicati:
100. Gianni Vattimo, Vocazione e responsabilità del filosofo
101. Carlo Angelino, Il “terribile segreto” di Nietzsche
102. Virgilio Melchiorre, Ethica
103. Hans-Georg Gadamer, Caro professor Heidegger
104. Moshé Idel, Maimonide e la mistica ebraica
105. Martin Heidegger, Corpo e spazio
106. Nicholas Henshall, Il mito dell’assolutismo
107. Aldo Trione, L’ordine necessario
108. Hans Jonas, La domanda senza risposta
109. José Ortega y Gasset, Miseria e splendore della traduzione
110. Camillo Benso conte di Cavour, Libera Chiesa in libero Stato
111. Michael Dummett, La natura e il futuro della filosofia
112. Emanuele Severino, Oltre l’uomo e oltre Dio
113. Hans-Georg Gadamer, L’essere che può essere compreso è linguaggio
114. Pietro Calissano (a cura di), Mente e cervello: un falso dilemma?
115. Alessandro Di Chiara, Lo spazio della trascendenza
116. Paul Gilbert, Silvano Petrosino, Il dono
117. Carlo Angelino, L’”errore filosofico” di Martin Heidegger
118. Jacques Schlanger, Come vivere felici
119. Aristotele, Ethica nicomachea, libro VI
120. Jean-Pierre Faye, Il vero Nietzsche – Guerra alla guerra
121. Tomaso d’Aquino, Prologo ai commentari di Aristotele
122. Günter Figal, Il senso del comprendere
123. Jacques Derrida, Il diritto alla filosofia dal punto di vista
cosmopolitico
124. Fabrizio Desideri, Il fantasma dell’opera
125. Rocco Antonucci, Omar Calabrese, Ruggero Pierantoni, Ugo Volli,
Il Tao del Web
126. Friedrich-Wilhelm von Herrmann, Sentiero e metodo
Roberto Gatti, Ermeneutica e filosofia. Introduzione al pensiero
127.
ebraico medioevale
128 Paolo Repetto, L’orizzonte dell’eternità
129. Aldo Masullo, Paticità e indifferenza
130. Fabrizio Desideri, Il passaggio estetico
131. Donatella Di Cesare, Utopia del comprendere
132. Silvano Petrosino, Babele. Architettura, filosofia e linguaggio di un delirio
133. Eliette Abécassis, Piccola metafisica dell’omicidio
134. Cesare Viviani, La voce inimitabile. Poesia e poetica del secondo
novecento

Alain Badiou, Beckett. L’inestinguibile desiderio
Aldo Trione, Mistica impura
Margherita Rubino, Fedra. Per mano femminile
Carlo Angelino, L’Essere e/o il Male. Il pensiero antitetico
Friedrich W. J. Schelling, Le divinità di Samotracia
Michel Meyer, Piccola metafisica della differenza.
Religione, arte e società
Franco Vazzoler, Il chierico e la scena.
173.
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Cinque capitoli su Sanguineti e il Teatro
180. Jacqueline de Romilly-Monique Trédé, Piccole lezioni sul greco antico
181. Alain Caillé, Critica dell’uomo economico.
Per una teoria anti-utilitarista dell’azione
182. Philippe Lacoue-Labarthe, Prefazione a La scomparsa
183. Carola Barbero, Chi ha paura di Mr. Hyde? Oggetti fittizi, emozioni reali
184. Carlo Angelino, Liberalismo, totalitarismo, democrazia
185. Michela Marzano, La Filosofia del corpo
186. Silvano Petrosino – Sergio Ubbiali, L’eros della distruzione.
Seminario sul male
187. Alain Badiou, Piccolo pantheon portatile
188. Walter Lapini, Spinoza e le inezie puerili
189. Alain Badiou – Barbara Cassin, Heidegger.
Il nazismo, le donne, la filosofia
190 Friedrich Nietzsche, Il primo canto corale dell’Edipo re
191. Francesco Vitale, Mauro Senatore (a cura),
L’avvenire della decostruzione
Domenico Venturelli, Alberto Caracciolo. Sentieri del suo filosofare
Leo Strauss, Che cos ‘è la filosofia politica?
Isabella Adinolfi, Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile
Philippe Chanial – Francesco Fistetti, Homo donator.
Come nasce il legame sociale
Ernesto Laclau – Chantal Mouffe, Egemonia e strategia socialista
Simone Regazzoni, Derrida. Biopolitica e democrazia
Pierre Hadot, Elogio della filosofia antica
Martin Buber, Il chassidismo e l’uomo occidentale
192.
193.
194.
195.
196.
197.
198.
199.
200. Silvano Facioni, Simone Regazzoni, Francesco Vitale, Derridario.
Dizionario della decostruzione
201. Tony Myers, Introduzione a Žižek
202. Søren Kierkegaard, Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno
203. Aldo Trione, Parva poetica
204. Lorenzo Magnani, Filosofia della violenza
205. Nicola Cusano, Sermoni sul Dio inconcepibile
206. Alain Badiou, Slavoj Žižek, La filosofia al presente
207. Wilhelm Dilthey, La nascita dell’ermeneutica
208. Martin Buber, Niccolò Cusano e Jakob Böhme

1984 (Nineteen Eighty-Four) è uno dei più celebri romanzi di George Orwell. Lezione gennaio 2020

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Noccioline #23 – 1984 di George Orwell in 6 MINUTI #ScuolaZoo

1984 (Nineteen Eighty-Four) è uno dei più celebri romanzi di George Orwell

1984-Big-Brother.jpg

Manifesto del Grande Fratello, col Grande Fratello ritratto con caratteristiche somatiche comuni sia ad Hitler sia a Stalin, tratto dal fumetto “1984 The comic” di F. Guimont,

«Mentre nel libro di Huxley si parla veramente di un altro mondo, di un’altra civiltà, in 1984 è il nostro mondo che agonizza davanti a noi.[1]»
(Geno Pampaloni)

Il Ministero dell’Amore (Miniamor in neolingua) è uno dei quattro ministeri che coadiuvano il Grande Fratello nel governo dell’Oceania nel romanzo 1984 di George Orwell.

Il Ministero dell’Amore si occupa di reprimere ogni sintomo di dissenso contro il Grande Fratello e contro il Socing, il partito che governa dispoticamente l’Oceania, mediante un vasto apparato repressivo ed il lavaggio del cervello. Il suo nome dunque è paradossale, e rientra nella logica del bispensiero.

bispensiero.

Un concetto fondamentale in Oceania che consente il controllo delle masse. Consiste nell’accettare come vera un’ipotesi oppure il suo contrario, a seconda di quale delle due il Partito consideri necessaria in quel momento.

psicocrimine.

È l’unico crimine esistente in Oceania e si riferisce all’avere anche solo un pensiero discordante dai dettami del partito. Lo psicocriminale è colui che si macchia di psicocrimine.

Buonsesso e sessoreato

Per buonsesso si intende la procreazione, che è un vero e proprio dovere delle coppie sposate: va praticato senza coinvolgimento emotivo, e il suo unico scopo è fornire nuovi membri al Partito. Tutto il resto è sessoreato: qualsiasi pratica sessuale con scopo diverso dal procreare è infatti illegale.

Karl Marx e la Religione. Lezione gennaio 2020.

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Karl Heinrich Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883)

Filosofo, economista, storico, sociologo, politologo, giornalista e politico, tedesco.

La religione secondo Marx e per una parte segue Feuerbach e per un’altra se ne allontana. La religione esprime in forme indirette un disagio sociale, una sofferenza, ed è anche una forma di protesta contro una sofferenza. La valle di lacrime di cui parla la religione è il mondo.

«La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l’oppio dei popoli.»
(Karl Marx, Per la critica della filosofìa del diritto di Hegel- Introduzione)

MARX E EPICURO. DUE MATERIALISTI A COLLOQUIO

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Christian day. LEZIONE FEBBRAIO 2020

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Sono stato al Christian day e ho capito che l’apocalisse sta arrivando.

Si è tenuto quest’oggi, a Roma, il Christian Day, ribattezzato il giorno dell’orgoglio cristiano, capace di raccogliere migliaia e migliaia di fedeli provenienti da ogni angolo del Belpaese pronti a gridare, in determinati casi ricorrendo addirittura a cori da stadio, la loro Fede e il loro amore incondizionato verso Gesù Cristo.

Migliaia di persone hanno partecipato a Roma, in piazza Santi Apostoli, al ChristianDay, manifestazione organizzata dalla rete dei Movimenti Cristiani Italiani, formata da Movimento Rialzati Italia (presidente Claudia Baldari), Cristiani per l’Italia (presidente Sandro Oliveri) e A.C.E – Azione Cristiana Evangelica (presidente Adriano Crepaldi) con lo scopo «di denunciare gli ultimi fatti gravissimi accaduti nella nostra nazione contro il nostro credo cristiano, contro i nostri valori e principi e soprattutto contro la persona del nostro Signore Gesù Cristo». Al termine dell’evento è stato consegnato alle istituzioni un documento programmatico con tutte le proposte che si richiederà di attivare.

«È il tempo del grido. Non è una manifestazione politica o religiosa, ma una festa. Siamo qui per cambiare l’Italia. La persecuzione oggi avviene anche in modo sottile, l’impeto ci ha mosso per manifestare oggi. Noi siamo d’accordo per dire basta uniti. Oggi è un fatto storico perché siamo tutti coinvolti. Dio è di tutti. Oggi subiamo una persecuzione occulta e subdola. Non siamo più disposti a sopportare di essere considerati trogloditi solo perché abbiamo dei valori. Vogliamo un cambiamento. Come? Spiritualmente, politicamente e culturalmente. In un’unica voce lanciamo un progetto ‘one voice’, perché uniti si vince». Così Sandro Oliveri, presidente di Cristiani per l’Italia.

 

Essere tolleranti non vuol dire essere ridicolizzati, ci considerano retrogradi, anormali. Noi vogliamo solo essere rispettati. Essere cristiani vuol dire avere la libertà di educare i figli e il Christian Day oggi a Roma non è un caso, in questa terra dove ancora trasuda il sangue dell’Apostolo Paolo». Così l’apostolo Elena Posarelli.

«Siamo qui per protestare contro le barbariche violenze ai cristiani e contro le blasfemie. È importante fare eventi di questo genere ogni anno. Noi non vogliamo fare politica, ma votiamo per chi difende i nostri valori. C è un obiettivo criminale, modificare l’ordine naturale del creato». Così Armando Manocchia, associazione ‘Una via per Oriana Fallaci’.

Filippo Ortenzi, episcopo della Chiesa Ortodossa Italiana: «Siamo una Chiesa patriottica, viviamo tempi di sostituzione etnica, con le politiche scellerate della sinistra. Vogliono decristianizzare il nostro Paese.  Dobbiamo dare un freno all’islamizzazione perché rischiamo l’estinzione».

Francesco Focone di Nova Civilitas: «Lo Stato è laico ma non deve essere ateo, dobbiamo essere consapevoli delle nostre radici, solo così possiamo accettare le altre culture».

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Papa e antipapa.

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 09:32

Pope Francis in March 2013.jpg

Il papa (detto più formalmente romano pontefice o sommo pontefice), è la più alta autorità religiosa riconosciuta nella Chiesa cattolica. I suoi titoli possono essere santo padre, sua santità, santità.

Secondo il diritto canonico è il vescovo della diocesi di Roma, capo del Collegio dei vescovi, primate d’Italia, vicario di Cristo e pastore in terra della Chiesa universale, possedendo anche i titoli di sommo pontefice della Chiesa cattolica, nonché, a seguito dei Patti Lateranensi, sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano

Con il nome pontificale di Francesco, dal 13 marzo 2013 il papa è Jorge Mario Bergoglio, 266º vescovo di Roma.

Secondo i dati della Chiesa cattolica, il Soglio di Pietro ha visto 47 pontefici provenire da oltre gli odierni confini politici italiani; più precisamente, la storia ha visto 47 papi non italiani su 266.

Ireneo di Lione nell’Adversus haereses stila una lista di quelli che furono i successori della Chiesa «somma ed antichissima ed a tutti nota, fondata e costituita in Roma dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo. A questa Chiesa, per la sua peculiare principalità (propter potiorem principalitatem), è necessario che convenga ogni Chiesa, cioè i fedeli dovunque sparsi, poiché in essa la tradizione degli Apostoli è stata sempre conservata». Ambrogio da Milano conia la famosa espressione “Ubi Petrus, ibi Ecclesia” (la Chiesa esiste unicamente ove è riconosciuto il primato di Pietro, cioè del papa)

Il dogma dell’infallibilità papale, contenuto nella costituzione dogmatica della Chiesa Pastor Aeternus approvato dal Concilio Vaticano I il 18 luglio 1870, nell’imminenza della fine del potere temporale, afferma che il magistero del papa deve essere considerato infallibile quando viene espresso ex cathedra, cioè solo quando il papa esercita il «suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani» e «[…] definisce una dottrina circa la fede e i costumi». Pertanto, quanto da lui stabilito «vincola tutta la Chiesa cattolica».

Finora il dogma dell’infallibilità è stato utilizzato due volte, da papa Pio IX per affermare l’Immacolata Concezione di Maria, e da papa Pio XII per affermare l’Assunzione della Vergine Maria.

«Can. 332 – §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.»

Pietro Perugino, Gesù Cristo consegna le chiavi a san Pietro (1481 – 1482), affresco; Città del Vaticano, Cappella Sistina

 

ANTIPAPA (fr. antipape; sp. antipapa; ted. Gegenpapst; ingl. antipope). –

L’antipapa è il competitore del vero e legittimo papa; il capo di un partito che insorge contro il pontefice romano, ne usurpa il nome e l’autorità e fa nascere nella chiesa cattolica uno scisma. Antipapi sorsero dal terzo al decimoquinto secolo, cioè da Novaziano, che fu il primo antipapa (251), a Felice V (1439), che fu l’ultimo.

Circa il numero preciso degli antipapi non sono concordi gli storici ed i canonisti. Alcuni ne enumerano 25, altri 28, altri 40 e più. Secondo i principi della dottrina teologico-canonica, i veri e proprî antipapi sono circa una trentina. Gli altri, storicamente e teologicamente parlando, non sono antipapi a rigore di termini. Colui che aderisce all’antipapa è scismatico ed incorre, come tale, nelle pene severissime stabilite dal Codex iuris canonici (can. 2314)

Il primo antipapa fu Ippolito che venne eletto per protesta contro Callisto I da un gruppo scismatico di Roma nel III secolo. Ippolito comunque finì la sua vita in esilio, nelle miniere della Sardegna, durante le persecuzioni imperiali romane, in compagnia del successore di Callisto, Ponziano con cui si riconciliò prima di morire.

In seguito, il periodo della lotta per le investiture coincise con l’elezione di numerosi antipapi sostenuti dalla fazione imperiale.

Tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV vi furono numerose elezioni di una serie di papi rivali, con la conseguente nascita di varie linee di successione. Una di esse fu riconosciuta come ufficiale dalla chiesa cattolica, mentre gli eletti appartenenti alle altre furono dichiarati antipapi. Lo scandalo dei pretendenti multipli si aggiunse alle altre richieste di riforma che condusse al Protestantesimo all’inizio del XVI secolo.

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Dottrina sociale della Chiesa.

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COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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La dottrina sociale è il frutto della riflessione della Chiesa cattolica sulle realtà dell’esistenza dell’uomo nella società.

Suo scopo è interpretare tali realtà, indicandone la conformità o meno al messaggio evangelico, per orientare il comportamento dei singoli e della società stessa.

La dottrina sociale della Chiesa appartiene al campo della Teologia, e in particolare della Teologia morale

La dottrina sociale non è stata pensata da principio come un sistema organico, ma si è formata nel corso del tempo, attraverso numerosi interventi del Magistero, soprattutto le famose encicliche sociali dei Pontefici, fra cui la Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI, Mater et Magistra (1961) di Giovanni XXIII, Octogesima Adveniens (1971) di Paolo VI, Laborem Exercens (1981), e Centesimus Annus (1991) di Giovanni Paolo II, tutte scritte in anniversari decennali della prima.

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Estasi mistica.

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 In numerose culture religiose l’estasi è considerata come un dono divino che apre un canale di comunicazione tra gli uomini e gli dei

L’estasi (dal greco: έκσταση, composto di ἐκ o ἐξ + στάσις, ex-stasis, essere fuori) è uno stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che viene percepita a volte come estraniata dal corpo (da qui la sua etimologia, a indicare un “uscire fuori di sé”).

Una simile condizione mentale era nota sin dall’antichità ed era considerata manifestazione diretta della divinità.

Estasi esperienza estatica. Visione della Luce, incontro con la Luce, testimonianza racconto, contatto.

Chiunque nel corso della propria esistenza abbia provato una sensazione di gioia indescrivibile, un’emozione incontenibile o un forte senso di esaltazione tale da far pronunciare parole del tipo: “non sto più nella pelle“, “non sto in me dalla gioia“, è stato protagonista di un’estasi. Il termine, derivante dal greco “ékstasis” che significa star fuori di sé, descrive infatti uno stato della coscienza accompagnato da sensazioni intense di benessere emotivo, di illuminazione o di pace in cui un individuo viene a trovarsi in conseguenza di particolari esperienze piacevole.

ESTASI E MUSICA

Una citazione di Francisco Rodriguez Barrientos, che, a proposito di Bach, disse:

“Nessun teologo è stato così convincente come Bach: se si guarda bene, tutte le dottrine teologiche hanno lasciato delle fessure attraverso le quale si possono sbirciare difetti e bassezze indegne di una divinità. A vedere un Dio così mal parato, l’incredulità e l’ironia sostituiscono la fede. Al contrario, la musica di Bach è un’estasi che crea e rende credibili gli Dei e l’Infinito”

La filosofia plotiniana diede quindi avvio a una lunga tradizione neoplatonica, che concepiva l’universo animato da un eros o tensione amorosa mirante a ricongiungersi a Dio tramite l’estasi. La teologia di Plotino fu ripresa in particolare da quella cristiana, e rivisitata però alla luce dell’aspetto personale della Trinità.

L’estasi venne intesa in un senso più ampio: per il cristianesimo essa non è più soltanto una contemplazione fine a se stessa, ma è funzionale all’azione; deve tendere cioè non solo verso Dio, ma anche verso il mondo.

Nel Trecento Dante Alighieri, nel Paradiso della Divina Commedia, di fronte alla visione beatifica di Dio, negli ultimi versi della cantica prova così a descrivere l’estasi, conscio della sua ineffabilità, dell’impossibilità di riferirla a parole in maniera oggettiva

A una rivalutazione dell’estasi nell’Ottocento contribuirono sia la Critica del giudizio di Kant, sia l’idealismo di Fichte e Schelling.

Kant vedeva nel giudizio estetico un sentimento universale di partecipazione con l’Assoluto, nel quale la ragione non è più vincolata da un’attività conoscitiva soggetta alla necessità delle relazioni causa-effetto, ma è libera nel formulare i propri legami associativi.

Per Fichte l’estasi è intuizione intellettuale, l’atto immediato con cui l’Io, nel diventare autocosciente, può intuire se stesso solo in rapporto a un non-io; così nel porre se stesso l’Io pone al contempo anche il molteplice al di fuori di sé. Parimenti Schelling vedeva nell’estasi un’attività infinita con cui Dio crea il mondo. L’uomo può riviverla nell’estasi artistica, che è la manifestazione più tangibile dell’Assoluto, nel quale l’aspetto attivo e passivo, il lato conscio e quello inconscio della mente, non sono più in conflitto tra loro, ma si fondono in una sintesi armonica di comunione cosmica con la Natura.

La sindrome di Stendhal, è un’affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiri, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, specialmente se sono localizzate in spazi limitati.

Estasi di santa Teresa D’Avila del Bernini

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Estasi della beata Ludovica Albertoni di Bernini

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AGOSTINO E MONICA: L’ESTASI DI OSTIA

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L’Estasi di Maria Maddalena Scuola Francese del ‘600

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Estasi di santa Cecilia. RAFFAELLO

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S. Sant’Agostino e S. Monica – Estasi di Ostia

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Il circolo nella filosofia di Plotino: dalla processione all’anima umana, e dalla contemplazione all’estasi

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Gelosia. Caino e Abele. Lezione febbraio 2020

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 09:29

Gelosia.

Dalla parte di Abele e dalla parte di Caino: il perdono è il paradosso di Dio. Avvenire

Antonio di girolamo lombardo coi figli pietro, paolo e giacomo, porta centrale del santuario di loreto, 1611

La cultura del perdono non è facile da accettare. L’unica via possibile è la coesistenza del dolore per il sangue del giusto col desiderio di recupero dell’assassino

È difficile parlare di perdono, soprattutto quando subiamo un torto irreparabile. Di fronte a un’offesa, cerchiamo innanzitutto di fare giustizia, in modo da ricompensare il torto subito, o addirittura rispondiamo con gesti la cui gravità è destinata a intensificarsi di volta in volta. Chi di noi, infatti, di fronte a una violenza subita, non è stato tentato di rispondere con una “ritorsione” ancora maggiore? In questo senso, la celebre legge biblica del taglione, «occhio per occhio dente per dente», cerca di porre un limite alla spirale della violenza con l’equivalenza “retributiva” tra torto subito e pena da infliggere.

All’origine della storia umana, la Bibbia pone un evento tragico: Caino, il primogenito, uccide Abele, il minore. Certo, i due fratelli sono molto diversi. Caino è un contadino, mentre il secondo è un pastore, il cui nome Abele, hebel, soffio, suggerisce un senso di evanescenza, di fragilità, come se qualcuno dovesse prendersi cura di lui. Di fatto, lo sguardo divino si posa su quest’ultimo, senza che il testo chiarisca le ragioni. Così, Dio accoglie nel culto in maniera differente le loro offerte, i frutti per Caino e le primizie del gregge per Abele: il primo è guardato in maniera sfavorevole rispetto al secondo. La relazione dei due fratelli s’incrina, la situazione precipita. Caino soffre, si sente umiliato e offeso, sente rancore e rabbia, non può accettare questa disparità di ‘trattamento’. Se Dio è giusto e buono, perché fa delle preferenze? Caino uccide allora il fratello.

La fraternità si rivela sin dagli inizi della storia fragile, incerta e nasce da una dolorosa scoperta: mio fratello si rivela a me come nemico… Che cosa farà allora il Signore? Punirà l’omicida in maniera esemplare? No.Se Dio chiede in un primo tempo a Caino «Dov’è Abele, tuo fratello? » e poi «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!», come per fargli prendere coscienza dell’orrore compiuto, in un secondo momento lo condanna duramente: «Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. (…) ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».

Caino diventa nomade e sarà costretto a farsi fuggiasco sulla terra, a nascondersi da Dio, sapendo bene che nessuno può sottrarsi alla sua vista, ma anche dagli altri perché chiunque lo potrà uccidere. Caino fugge, ma prima di tutto da se stesso, dalla colpa dell’omicidio compiuto.

La sua è forse solo una morte differita se, come dice il libro dei Proverbi, il malvagio fugge anche quando non lo inseguono? Dio è Padre e non vuole la sua definitiva condanna. Non agisce come un giudice impassibile, ma lo invita a rientrare in se stesso, per fargli comprendere la “bestialità” del suo gesto. Non solo, si preoccupa del figlio contro possibili violenze che potrebbe subire, così che dopo l’uccisione di Abele: «Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato». Dio gli impone un sigillo, perché nessuno gli si possa scagliare contro. «Nessuno tocchi Caino » vuol dire giustizia senza vendetta, desiderio che il ‘carnefice’ converta la sua risposta disperata: «Sono forse io il custode di mio fratello?», in una consapevolezza della gravità del gesto compiuto, in un prendersi cura di se stesso e in un’assunzione di responsabilità verso l’altro.

Dio vuole salvarlo, accompagnandolo in questo sofferto cammino di redenzione. Certo, Caino ha gettato un seme di maledizione nella storia e come un disgraziato accecato dal proprio dolore, sarà errante, la sua esistenza sarà esposta alla vendetta di chiunque. Tuttavia, gradualmente, dovrà imparare che lo sguardo di Dio non è né persecutorio né punitivo, ma attento, premuroso. Il figlio deve ritrovare la vita, nella fiducia.

Certo, l’amore di Dio è ferito, ma è fermo e tenace. Al Signore preme che Caino viva. La posizione di Dio è paradossale. Da un lato, s’identifica con Abele, facendosi grido soffocato del fratello ucciso, dall’altro lato s’identifica con Caino, prendendosi cura di lui, custodendolo, non lasciandolo solo nel suo vagabondaggio. A Caino è lasciata la possibilità di intraprendere un percorso di umanizzazione, guadagnandosi la fiducia dell’altro. Solo se Caino assumerà il tragico del delitto commesso ed elaborerà la sua colpa gli sarà accordato un perdono, ma una strada gli è ora aperta.

Dio sta contemporaneamente da entrambe le parti. Difficile equilibrio, paradossale, per noi insostenibile, in quanto presuppone la libertà di un amore disinteressato. Com’è possibile che Dio faccia giustizia del sangue di Abele, prendendosi cura del carnefice e della sua discendenza? Se Dio si fa custode dell’omicida, non è forse questo il culmine dell’ingiustizia? Il perdono nasce da questo sguardo di Dio che ascolta il grido di dolore della vittima e contemporaneamente desidera che il carnefice viva, per un nuovo inizio.

È questa una strada complessa, ma che permette a Caino di uscire dal ruolo di “omicida” per diventare persona nuova. In questo senso, la cultura del perdono si genera dallo sguardo del Padre. Dio desidera che Caino sollevi il proprio sguardo errabondo dalla terra, perché, volgendo il suo volto verso di lui, possa ritrovare quello di Abele. Il perdono ‘avviene’ grazie all’incontro di questi due sguardi. Caino potrà ricominciare una nuova vita, facendosi anch’egli simile al volto di Dio, custodendo nel cuore lo sguardo del fratello. Il suo volto non s’identificherà allora semplicemente con la storia di un omicidio, per quanto tragico, ma saprà esprimere un desiderio di riscatto che si fa vita. Diventerà sguardo redento.

La cultura del perdono non può fare a meno dell’incontro di questi sguardi che nel volto del Padre trovano la possibilità di ritrovarsi. È questa la strada della libertà che, oggi più che mai, può costruire nuovi spazi di vita in una società che per fare ‘giustizia’ rischia di distruggere sia la vita delle vittime che quella dei carnefici. Dio ascolta il grido di sangue di Abele che sale dalla terra, e riconquista lo sguardo di un uomo nuovo, quello di Caino. Desiderare la ‘morte’ del carnefice, sarebbe dichiarare solo la vittoria della violenza, la sconfitta del nostro essere uomini. Davanti a noi, deve aprirsi la vita.

Caino e Abele. Bernini e Borromini. Vulcano geloso. Medea e Giasone. Munch colore della gelosia verde. Veronese vs Tintoretto. Medusa e Atena .

Caino e Abele

I primi figli di Adamo ed Eva

La storia di Caino e Abele è narrata nella Bibbia, nel quarto capitolo della Genesi. Il nome Caino è fatto derivare dal verbo qanah (che significa “acquistare” un figlio) ma, poiché i discendenti di Caino sono tutti artigiani e inventori, è più probabile che si colleghi al termine semitico che significa “fabbro”. Abele vuol dire “vapore, nulla” e pare indicare che egli è destinato a morire. La vicenda di Caino, che uccide il fratello Abele per invidia, segna l’inizio di una progressiva decadenza dell’umanità

Il mito di Efesto

Efesto fu concepito da sua madre Era solo per vendetta nei confronti del marito Zeus per tutte le sue amanti avute nel corso dei millenni. Appena lo vide Era lo lanciò dall’Olimpo, facendolo cadere giù. Efesto era piuttosto brutto ed era zoppo e deforme dalla nascita (sebbene alcune leggende dicono che questo fosse il risultato della sua caduta dall’Olimpo) e riusciva a camminare solo grazie all’aiuto di un bastone, (infatti le opere d’arte che lo ritraggono lo presentano spesso mentre fatica a reggersi e si appoggia sulla sua incudine). Nell’Iliade Efesto stesso racconta come continuò a cadere per molti giorni e molte notti per poi finire nell’oceano, dove venne allevato dalle Nereidi, in particolare da Teti ed Eurinome e che gli abbiano dato una grotta come fucina. Efesto si prese la sua vendetta su Era costruendo e donandole un magico trono d’oro che, non appena ella vi si sedette, la tenne imprigionata, non permettendole più di alzarsi. Gli altri dei pregarono Efesto di tornare sull’Olimpo e liberarla, ma egli si rifiutò più volte di farlo. Allora Dioniso fece in modo di ubriacarlo e lo riportò indietro legato sul dorso di un mulo. Efesto acconsentì a liberare Era, solo se lo avessero riconosciuto come dio. Tra Efesto ed Afrodite fu un matrimonio combinato e alla dea della bellezza, l’idea di essere sposata con il bruttissimo Efesto non piaceva affatto, quindi la dea, segretamente innamorata di Ares dio della guerra, più volte ha tradito il marito che, stanco di essere deriso dalla dea della bellezza, se ne tornò nella Terra, nelle viscere del monte Etna, e decise di lasciare l’Olimpo per sempre.

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Medea e Giasone.

Medea è una delle figure mitiche più note e presenti nell’immaginario e nelle testimonianze antiche: prigioniera della propria passione d’amore e vittima, al tempo stesso, del pregiudizio di chi la considera maga e straniera, Medea si macchia del crimine più orrendo che una madre può compiere, l’uccisione dei propri figli, divenendo il simbolo estremo di una femminilità negata

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