L’imperatore Costantino. I Santi Quattro Coronati e l’Oratorio di San Silvestro. Religione, storia, arte.
Costantino nella patristica latina tra IV e V secolo
IL VIVENTE DI G.CAMPANILE. Guarigione del Re.
Storie dell’imperatore Costantino. BREVE VIDEO
IMPERO ROMANO. La crisi dell’impero romano e la diffusione del cristianesimo
6-12-2017 mercoledì 2 R Basilica San Giovanni in Laterano.
14-11-17. 1 R martedì San Giovanni in Laterano con la professoressa davella
Alessandro Barbero “L’imperatore Costantino”
Il sogno di Costantino
Imperatore Costantino: Il segno della croce
Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come Costantino il Vincitore e Costantino I, è stato un imperatore romano dal 306 alla sua morte. Costantino è una delle figure più importanti dell’Impero romano, che riformò largamente e nel quale permise e favorì la diffusione del cristianesimo.
L’oratorio di San Silvestro è una chiesa di Roma, nel rione Celio, nei pressi dell’entrata della basilica dei Santi Quattro Coronati. Vi si accede dal portico del primo cortile esterno della basilica. è un ambiente straordinario, un angolo di medioevo, meglio conservato della chiesa stessa
L’oratorio fu edificato nel 1246 per volere del cardinale Stefano Normandis, titolare di Santa Maria in Trastevere, e fu consacrato lo stesso anno, come ricorda ancora la lapide commemorativa, dal vescovo di Ostia Rinaldo dei Conti di Segni. Decorato successivamente (1248) da maestri bizantini, nel XVI secolo divenne l’oratorio della università degli scultori e scalpellini (detti marmorari).
Storie dell’imperatore Costantino.
Costantino I (lat. Flavius Valerius Constantinus) imperatore, detto il Grande. – Imperatore romano dal 306 al 337. Nacque probabilmente nel 280, da Costanzo Cloro e da Elena, a Naisso (Mesia); visse prima alla corte di Diocleziano, seguì poi il padre in Britannia e alla sua morte fu acclamato imperatore dall’esercito (306), ma non fu riconosciuto da Galerio. Vinse i Franchi e gli Alamanni, si alleò quindi con Massimiano e ne sposò la figlia Fausta, ma quando questi congiurò contro di lui lo fece uccidere (310). La morte di Galerio (311) portò allo sfacelo del sistema tetrarchico e all’alleanza tra Massimino e Massenzio contro C. e Licinio. C. dalla Gallia valicò le Alpi, vinse a Torino, conquistò Milano, Verona, e nella battaglia del ponte Milvio (28 ott. 312) vinse Massenzio che morì nel crollo di un ponte sul Tevere. C. fu riconosciuto Augusto dal senato, sciolse il corpo dei pretoriani, a Milano (313) emanò il decreto di tolleranza verso i cristiani. Morto Massimino, C. e Licinio furono i soli capi dell’Impero; essi vennero in lotta quando Bassiano, da C. nominato Cesare, gli si ribellò per istigazione di Licinio; C. condannò a morte il ribelle, vinse quindi Licinio a Cibale in Pannonia (314); una seconda battaglia al Campo Mardiense (tra Filippopoli e Adrianopoli) ebbe esito incerto. Nella pace che seguì, Licinio cedé la Mesia e la Pannonia; i figli di C., Crispo e l’omonimo C., e il figlio di Licinio, Liciniano, furono nominati Cesari.
Nel 324 C. intervenne in Tracia, provincia di Licinio, per respingere una invasione di Goti: Licinio, considerando l’intervento violazione di territorio, dichiarò guerra a C., ma fu vinto ad Adrianopoli e a Crisopoli, e dovette arrendersi; poi, avendo stretto accordi con i barbari del Danubio, fu condannato a morte. C. dal 324 rimase unico imperatore. Subito dopo fece uccidere il figlio Crispo a Pola e poi la moglie Fausta a Costantinopoli, l’antica Bisanzio, cui diede il suo nome quando nel 326 vi trasportò la capitale, data la situazione strategico-economica dell’Impero; con tale decisione (dettata forse anche dal desiderio di rompere la tradizione pagana più viva in Roma) C. non superò, nonostante la sua volontà di unificazione, anzi contribuì ad approfondire la scissione tra Occidente ed Oriente, che andranno sempre più differenziandosi nel campo culturale e spirituale, oltre che economico, e assumeranno spesso posizioni di antagonismo, sino a che alla fine dello stesso secolo si giungerà alla separazione tra Impero d’Oriente e d’Occidente.
Nel 332 i Goti furono vinti dal figlio C. II; a 300.000 Sarmati nel 334 fu concesso di stabilirsi nelle province del Danubio e in Italia. Nel 335 C. divise l’amministrazione dell’Impero tra i figli C. II, Costante, Costanzo, e i nipoti Delmazio e Annibaliano. Quando Sapore II di Persia pretese alcune province orientali, C. marciò contro di lui, ma durante il viaggio morì presso Nicomedia (337); fu sepolto a Costantinopoli. C. continuò l’assolutismo monarchico instaurato da Diocleziano, sostituendovi però, per la successione, il sistema dinastico; istituì una nuova nobiltà di corte con la concessione del titolo di patrizio; estese e organizzò rapidamente la gerarchia, riordinando il consilium principis e trasformandolo in sacrum consistorium, composto di membri permanenti; istituì la carica del quaestor sacri palatii, incaricato di redigere leggi e responsi e di regolare le alte carriere militari, quella del magister officiorum, capo della cancelleria imperiale, da cui dipendeva tra l’altro la schola agentium in rebus (corpo di polizia investito talora di vere funzioni di spionaggio), e altre ancora; questi alti impiegati a causa del carattere orientale della corte si confusero sempre più con i cortigiani, e comes divenne il titolo di un grande numero di funzionarî (da ricordare in particolare il comes sacrarum largitionum, preposto al fisco, e il comes rerum privatarum, preposto alla cassa privata dell’imperatore). C. attuò inoltre una radicale riforma dei poteri dei prefetti del pretorio, privati ormai delle funzioni militari, per conservare invece quelle amministrative e giuridiche ed essere collocati al di sopra dei vicarî dell’organizzazione dioclezianea, nel quadro di una ripartizione dell’impero in quattro prefetture (delle Gallie, d’Oriente, d’Italia e Africa, dell’Illirico), ridottesi a tre dopo la morte di Costantino (con il decadimento dell’Illirico dalla condizione di prefettura).
Il comando supremo dell’esercito era affidato all’imperatore, dal quale dipendevano direttamente il magister peditum (capo della fanteria) e il magister equitum (capo della cavalleria); le due cariche potevano cumularsi in quella del magister utriusque militiae. Con C. assumeva particolare importanza la presenza di una forza militare acquartierata vicino alla residenza dell’imperatore; si preparava così quella contrapposizione tra esercito comitatense ed esercito limitaneo, che sarà in atto dall’età di Valentiniano I e di Valente (mentre formalmente si distingueva ancora tra legiones e auxilia, questi ultimi preponderanti e sempre più esposti alla penetrazione di elementi germanici e sarmatici). C. fondò il sistema monetario sulla stabilità del solidus aureo (di g 4,48, equivalente a 24 siliquae d’argento) e relegando perciò in secondo piano il denarius di rame, si discute delle conseguenze generali che ne risultarono: se cioè nel 4° secolo l’economia restasse caratterizzata dall’antitesi tra economia naturale, cui terrebbero funzionarî e alti gradi dell’esercito, ed economia monetaria, cui sarebbero interessati i contribuenti, o non piuttosto da una contrapposizione tra l’economia dell’aureus, su cui si fonderebbe il potere delle classi dirigenti, e quella del denarius, con il cui potere d’acquisto era connessa la capacità economica della piccola borghesia e degli strati più bassi del proletariato, che dalla riforma monetaria di C. sarebbero del tutto rovinati. L’importanza di C. è però legata soprattutto alla politica verso il cristianesimo al quale concesse pienezza di libertà e di diritti. Dapprima pagano, C. come primo atto di adesione al cristianesimo avrebbe fatto incidere sugli scudi dei soldati il monogramma di Cristo, destinato a ornare lo stendardo imperiale (labarum), seguendo un’ispirazione che avrebbe avuta in sogno, alla vigilia della battaglia del ponte Milvio (v. in hoc signo vinces), nel 313 con l’editto emanato a Milano (e firmato anche da Licinio) diede al cristianesimo riconoscimento ufficiale, poi confermato ed esteso da successive leggi, soprattutto nell’ultima parte del suo regno, dichiarandosi egli stesso cristiano (per quanto ricevesse il battesimo solo sul letto di morte) ed esortando i sudditi ad abbracciare il cristianesimo nell’editto agli Orientali del 324 (alieno tuttavia da ogni intolleranza verso il paganesimo); interessato, soprattutto per ragioni politiche, all’unità religiosa dell’Impero, s’intromise dapprima nelle controversie donatiste e in seguito, preoccupato per la diffusione dell’arianesimo, convocò il concilio di Nicea (325).
▭ Sulle monete, C. presenta fronte diritta, naso aquilino, mento prominente, volto rasato, in alcune è idealizzato. Molte statue gli furono erette a Roma, a Costantinopoli e altrove. ▭ In suo onore il senato decretò l’erezione di un arco di trionfo presso l’Anfiteatro Flavio. L’arco di C., tuttora esistente, il più ricco degli archi trionfali di Roma, ha tre fornici, ed è decorato, oltre che da rilievi presi da altri monumenti (traianei, adrianei e antoniniani), di fregi figurati celebranti la vittoria a ponte Milvio e le altre imprese dell’imperatore. Una statua equestre (perduta) gli fu eretta nel Foro, e un altro arco quadrifronte (cosiddetto Arco di Giano) nel Foro Boario. Altri edifici costantiniani in Roma furono le Terme sul Quirinale, le Terme Eleniane attigue al Palazzo Sessoriano, del quale restano alcune sale. L’improvviso fiorire dell’architettura cristiana, che seguì l’editto del 313, trovò valido appoggio da parte dell’imperatore. Numerosi furono gli edifici sacri – poi trasformati e ricostruiti nei secoli successivi – sorti per suo volere in tutto il territorio dell’Impero: a Costantinopoli (SS. Apostoli), nei luoghi santi della Palestina, ad Antiochia sull’Oronte, a Roma (basiliche di S. Pietro e di S. Giovanni in Laterano, mausoleo e basilica di Torpignattara, mausoleo e basilica maggiore di S. Costanza, ecc.). Tali monumenti, non ispirati a uniforme architettura ufficiale, dettero fecondo impulso alle tradizioni artistiche locali. Profonda fu l’influenza di Eusebio di Cesarea nella edizione delle bibbie commissionate da C. per le principali chiese dell’Impero. ▭ Costituto di C.: con questo nome o con quello più esatto di donazione costantiniana si designa quel documento che si suppose diretto nel 313 da C. a papa Silvestro, riflettente l’ordine delle dignità ecclesiastiche e la definizione dei beni temporali della Chiesa di Roma. L’autenticità del documento, posta in dubbio fin dal tempo degli Ottoni, fu impugnata vigorosamente nell’età umanistica da Nicolò da Cusa e da Lorenzo Valla. Il documento è di alto interesse storico come espressione di un momento di sviluppo della dottrina politica della Chiesa romana. Sull’epoca della sua compilazione la critica storica ha oscillato tra il sec. 7° e il 9°, soffermandosi però di preferenza sul periodo di Pipino e di Carlo Magno o poco oltre, e ricollegando la manipolazione del falso alla ricostituzione della dignità imperiale in Occidente, o come presupposto di questa, oppure come conseguenza della concezione imperialistica dell’età carolingia. Il testo ci è pervenuto in una versione latina e in una versione greca.
La relazione tra Costantino e Ario è complessa e ricca di sfumature.
Le ragioni per cui Costantino invitò Ario a corte dopo il Concilio di Nicea sono ancora dibattute dagli storici. Alcune ipotesi includono:
* Desiderio di riconciliazione: Costantino desiderava unificare l’Impero Romano sotto un’unica fede cristiana e potrebbe aver visto l’invito di Ario come un modo per sanare la frattura creatasi dopo il Concilio.
* Influenza ariana: Ario era un teologo carismatico e capace, e potrebbe aver guadagnato la simpatia di Costantino durante il Concilio. È possibile che Costantino fosse attratto dalle sue idee teologiche o che lo considerasse un buon educatore per i suoi figli.
* Calcoli politici: Ario era ancora sostenuto da un numero significativo di vescovi e la sua presenza a corte potrebbe aver aiutato Costantino a mantenere il controllo sulla Chiesa.
Indipendentemente dalle sue motivazioni, l’invito di Costantino ad Ario suscitò scalpore e controversie. I sostenitori di Nicea lo consideravano un tradimento, mentre gli ariani lo vedevano come un segno di vittoria. La situazione rimase tesa fino alla morte di Costantino nel 337, dopo la quale Ario fu nuovamente esiliato.
In sintesi:
* Le ragioni per cui Costantino invitò Ario a corte dopo il Concilio di Nicea sono ancora dibattute.
* Tra le ipotesi vi sono il desiderio di riconciliazione, l’influenza ariana e i calcoli politici.
* L’invito suscitò scalpore e controversie e la situazione rimase tesa fino alla morte di Costantino.