26 Novembre 2014

ROMA. CAPUT MUNDI. LEZIONE 2020

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 11:05

«Abi, nuntia […] Romanis, caelestes ita velle ut mea Roma caput orbis terrarum sit»
(IT)«Va’ e annuncia ai Romani che la volontà degli dèi celesti è che la mia Roma diventi la capitale del mondo»
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 16)

Roma capitale imperiale all’apice dell’espansione territoriale
L’espressione latina caput mundi, riferita alla città di Roma, significa “centro del mondo (noto)”, e si ricollega alla grande estensione raggiunta dall’impero romano tale da fare – secondo il punto di vista degli storiografi imperiali – della città capitolina il crocevia di ogni attività politica, economica e culturale mondiale.

L’espressione caput mundi venne utilizzata dal poeta latino Marco Anneo Lucano nella sua Pharsalia:

(LA)«ipsa, caput mundi, bellorum maxima merces,
Roma capi facilis […]»
(IT)«la stessa Roma, capitale del mondo, la più importante preda di guerra,
agevole a soggiogarsi […]»
(Marco Anneo Lucano, Pharsalia, II, 655-656)
e, nella versione caput orbis, da Ovidio negli Amores:

(LA)«Tityrus et fruges Aeneiaque arma legentur,
Roma triumphati dum caput orbis erit»
(IT)«Titiro e le messi e le armi di Enea si leggeranno finché
Roma sarà la capitale del mondo soggiogato»
(Ovidio, Amores, I, 15, 25-26)
Nel verso del sigillo di Federico Barbarossa vi era scritto

(LA)«Roma caput mundi regit orbis frena rotundi»
(IT)«Roma capitale del mondo regge le redini dell’orbe rotondo»

LE TERRIBILI PROFEZIE RIGUARDANTI ROMA

Il destino di Roma è segnato. Almeno questo è ciò che sostengono alcuni tra i più conosciuti profeti del passato, secondo i quali proprio nella “città eterna” avrà inizio il conflitto finale tra le forze del bene e le armate sanguinarie di Satana.
Un conflitto che si protrarrà a lungo e che si risolverà soltanto quando di Roma non resteranno che macerie.
Diverse profezie affermano che Roma sarà distrutta.

Una famosa predizione attribuita al venerabile Beda assicura:
“Finché rimarrà in piedi il Colosseo anche Roma durerà. Quando il Colosseo cadrà anche Roma cadrà e quando Roma cadrà il mondo finirà”.
Identico vaticinio sulla fine di Roma era stato divulgato da Tertulliano.
I messaggi della Vergine a La Salette e a Fatima avvertono che delle grandi disgrazie travolgeranno Roma. Nell’anno 1846 nel messaggio di La Salette, località delle alpi francesi vicino a Grenoble, la “bella Signora” ai bambini Massimino e Melania intenti a pascolare le pecore, tra l’altro, dirà:
“…Roma sparirà e il fuoco cadrà dal cielo e distruggerà tre città.
Tutto si crederà perduto e non si vedranno che omicidi; non si sentirà che rumori di armi e bestemmie.
I giusti soffriranno molto. (…) Roma perderà la fede e diventerà il seggio dell’Anticristo. I demoni dell’aria, con l’Anticristo, faranno dei grandi prodigi sulla terra e nell’aria e gli uomini si pervertiranno sempre di più…”.

La profezia di Fatima

La Madonna si rivelerà, 71 anni dopo La Salette, ai piccoli pastorelli Lucia dos Santos, Franco e Giacinta Marto e affiderà loro dei messaggi profetici.
I primi due, tra l’altro, riguardano l’annuncio che la prima guerra mondiale sta per finire, ma che ne scoppierà un’altra, “durante il regno del prossimo pontefice (Pio XI, 1922-1939 nda)”.
Il 31 agosto 1941, ventiquattro anni dopo i fatti di Fatima, la stessa Lucia parlò, per la prima volta, del messaggio ricevuto dalla Madonna e disse che esso era diviso in tre parti; nel cosiddetto “terzo Memoriale” di Suor Lucia è, appunto, scritto: “Il Segreto comprende tre cose distinte ed io ne svelerò due”.
La parte non divulgata del messaggio, detta anche terzo segreto di Fatima, o quello che si ritiene tale, fu pubblicato a firma di L. Heinrich da un giornale di Stoccarda, il Neues Europa, il 15 ottobre 1963, e parla anch’esso di gravi castighi contro la città eterna.
“(…) Anche per la Chiesa, verrà il tempo per le sue più grandi prove. Cardinali, si opporranno a Cardinali; Vescovi a Vescovi. Satana marcerà in mezzo alle loro file, e a Roma vi saranno cambiamenti. Ciò che è putrido cadrà e ciò che cadrà, più non si alzerà. La Chiesa sarà offuscata, e il mondo sconvolto dal terrore…”.
Molti sensitivi hanno predetto la fine di Roma. Il sensitivo F. Blanchard, nel 1886, raccontò che aveva avuto una spaventosa visione, molto realistica che lo aveva lasciato per lungo tempo sconvolto. Ecco cosa disse di aver visto: “Al posto della fontana, nella piazza di Roma, dove si scorge la Basilica di San Pietro, c’era un’enorme tinozza di sangue e qui andava la gente per tingere i drappi, che poi esponeva lungo le strade… I drappi rossi gocciolavano sangue…”.
A suor Imelda, nel 1872, apparve Roma distrutta e “coperta di macerie”.

Nostradamus predisse inauditi flagelli che si dovrebbero abbattere su Roma.

Mann ci informa che: “Secondo un commentatore, P. Innocent Rissault, intorno al 1980 sarebbe iniziata l’egemonia dell’Anticristo. Con lo scisma finale della Chiesa Cattolica Romana e la distruzione di Roma nell’anno 2000…”.

Renzo Baschera, attento studioso di profezie, fa notare che un gran numero di veggenti “vedono sorgere in Roma un vulcano, dal quale verrà vomitata lava e fuoco, mentre la terra si contorce…”.

Caro salutis cardo. LEZIONE NOVEMBRE 2014

Filed under: LEZIONI DI RELIGIONE,Teologia — giacomo.campanile @ 10:22

Tertulliano: “Caro salutis cardo”, “la carne è il cardine della salvezza” (De carnis resurrectione, 8,3: PL 2,806).

Tertulliano, scrittore e apologeta cristiano del II° sec. d.C.

La carne è il cardine della salvezza. Non lo spirito. Non l’anima. Non la bontà di chissà cosa e chi. Non astratti principi generali e naturalmente non sottoponibili ad evidenza umana. No, la carne. La realtà più fragile e, insieme, la più degna di redenzione, la più redimibile nella sua paradossale fragranza di legno da ardere e fango da salvare. La carne.

L’Incarnazione di Cristo è questo: Dio accetta e sceglie la strada della caducità, rendendo quest’ultima, la carne, una ferita sanabile attraverso la quale passa la feritoia della grazia.

Corpus hominis, corpus Domini: sotto il velo della mia umanità la presenza del Signore. Quale grandezza!

“Caro salutis cardo”, ripeteva Tertulliano. La carne è il cardine della salvezza.

Rivestendo l’abito dimesso della fragilità e del bisogno, stabiliva che Dio non è da cercare ma da riconoscere e accogliere. Se Dio si è fatto uomo – e lo è per sempre, tanto che quella umanità se l’è portata con sé accanto al Padre – è sempre con l’uomo che i credenti devono accettare di misurarsi se vogliono misurarsi con Dio.

Come è noto, è stato un libro rimasto in cantiere per tutta la vita del suo autore, a partire dal 1855 fino al «letto di morte» nel 1892, come di solito viene definita l’ultima edizione: stiamo parlando della raccolta poetica Foglie d’erba di Walt Whitman. C’è in quei canti un verso che mi ha sempre impressionato, tanto da ricordarlo a memoria senza esitazione: «Se c’è qualcosa di sacro, il corpo umano è sacro».

Un pensiero che s’intreccia spontaneamente con un’altra asserzione nata dalla penna di un personaggio molto diverso, Nietzsche, che negli anni 1883-85 stendeva l’opera della sua maturità, Così parlò Zarathustra, ove si legge: «Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza».

Ma se vogliamo risalire a una sorgente ben più antica e radicale, ecco l’apostolo Paolo che non esitava a interpellare i cristiani di Corinto così: «Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?» (1Corinzi 6,19).

         Ecco, dunque, il paradosso: quella corporeità così carnale e muscolare, materiale e sessuale, diventa segno di sacralità, di sapienza, persino di divinità, anche perché l’apice della fede cristiana è nell’affermazione provocatoria dell’inno-prologo del quarto Vangelo: «In principio era il Verbo e il Verbo era Dio… E il Verbo carne divenne» (Giovanni 1,1.14).

Anzi, il vocabolo latino corpus-corpo – che metaforicamente applichiamo anche a raccolte di testi scritti o a gruppi sociali (i corpi militari o le corporazioni, ad esempio) – ha probabilmente nella sua matrice etimologica l’indoeuropeo krp/kra– che significa «bellezza, forma».

Quando si parla di corporeità si dovrebbe, allora, trattare innanzitutto non tanto di fisicità, di biologia, di medicina, di sessuologia né di carnalità, bensì di uno dei simboli epifanici dello spirito.

         Non stupisce, allora, che la Bibbia si disinteressi quasi totalmente dell’anima, ponendosi in alternativa antropologica rispetto alla classicità greca, per attestarsi proprio sul corpo, al punto tale che il vocabolo ebraico nefesh, che la versione greca antica dei Settanta per 680 volte su 754 occorrenze rende con psychê, in realtà indica l’«essere vivente» nella sua compattezza esistenziale, interiore e materiale, vitale e mortale.

Per questo, senza esitazione, Tertulliano conierà il motto latino assonante caro salutis cardo, «cardine della salvezza è la carne», mentre l’eucaristia è il «corpo di Cristo»,la Chiesa è ugualmente suo corpo (sempre stando a Paolo) e l’escatologia non è l’immortalità dell’anima ma la risurrezione della carne/corpo.

Due vocaboli che, sempre per stare all’indoeuropeo, si apparentano perché le radicali krp-/kra– di corpo e kreu– di carne alla fine sbocciano nel creare latino.

         Questa lunga premessa-excursus, che potrebbe dilatarsi a dismisura, è destinata a orientare verso un quaderno monografico, molto suggestivo, di una rivista intitolata Parola Spirito e Vita (laddove, però, lo Spirito non è l’anima ma la divinità): il suo numero 81, che è in realtà un volume a sé stante e, quindi, acquistabile a parte senza abbonamento generale, s’intitola appunto Il Corpo. Si noti la maiuscola, nella linea della nostra considerazione preliminare. La trama è diacronico-sincronica al tempo stesso, perché parte dal polo primigenio della Bibbia – ossia dai racconti della creazione della Genesi (cc. 1-3), dal corpo che diventa oracolo e simbolo nei profeti, dal corpo orante, dolorante e corruttibile, dal corpo di Gesù, medico-salvatore, dal corpo sacrificale e risorto di Cristo – per approdare fino al polo ultimo della psicologia contemporanea. Naturalmente entro questi due estremi si distende l’arco della millenaria vicenda cristiana che si è lasciata affascinare dalla «spiritualità» greca, fino all’ascesi fustigatrice del «corpo di peccato» ma che ha registrato in questo spettro cromatico teologico pure ben altri colori.

         Come non pensare a san Francesco e al suo Cantico delle creature o al Francesco papa che, sulla scia evangelica, definisce i poveri e gli ultimi «carne di Cristo», mentre i martiri cristiani – questa volta nel solco anche di san Paolo – offrivano «i loro corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Romani 12,1)?

Lasciamo ai lettori di quel fascicolo di ricomporre questo ritratto del Corpo, che forse abbiamo scoperto nella sua fisicità simbolica proprio attraverso la pandemia del Covid-19, persino al livello estremo rappresentato dalle salme che non erano più «corpi» venerati e amati, ma solo cadaveri.

Con buona pace del Pasolini della Supplica a mia madre, non è possibile avere solo «un’infinita fame d’amore di corpi senz’anima», perché le due componenti sono inscindibili in chi ama veramente. Con Péguy possiamo, perciò, usare senza imbarazzo l’ossimoro «anima carnale», confessando con Turoldo: «Inquieta anima mia quasi / carne… Egli [Dio] non è lontano, / è nel tuo mare di sangue».

         Abbiamo già accennato all’immagine paolina della comunità cristiana come «corpo di Cristo» (almeno sei volte ritorna questo tema nel suo epistolario). È proprio con una di queste asserzioni – «noi siamo, benché molti, un solo corpo» (1Corinzi 10,17) – che Romano Penna, uno dei maggiori neotestamentaristi a livello internazionale, intesta il suo saggio, frutto di un approccio e di una ricerca sempre rigorosa ma dal dettato altrettanto limpido. Il cuore della sua analisi è proteso verso l’unità di questo corpo partendo da una componente che può sembrare a molti paradossale: «Il Gesù terreno, da laico com’era non ha fondato in senso letterale nessun sacerdozio, anche perché non ne parla mai. È stata piuttosto la fede pasquale che, approfondendo il mistero da lui vissuto fino all’ultimo, ha visto ed evidenziato in Gesù Cristo l’esercizio di un nuovo tipo di sacerdozio senza paragoni».

         È la stessa Lettera agli Ebrei, sulla base di una comparazione col sacerdozio ebraico, di sua natura genealogico ed ereditario (legato com’era all’appartenenza tribale levitica), che dichiara senza imbarazzo: «Se Gesù fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote… È noto, infatti, che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio» (8,4 e 7,14). Altrettanto forti sono state le parole di papa Francesco: «Tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Nessuno è stato battezzato prete o vescovo. Ci hanno battezzati laici ed è un segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare». Questo, però, non esclude che esistano dei «ministeri» specifici, a partire da quelli di fondazione come gli apostoli o di servizio come i «diaconi». Essi, però, non devono regredire alla tipologia rituale anticotestamentaria o a quella pagana della classicità greco-romana.

         Lo studio di Penna, che si distende fino a raggiungere i primi secoli cristiani, è dedicato a delineare proprio i due profili costitutivi. Da un lato, è in causa la laicità, presente già nel fondatore Cristo, e che si esprime nei molteplici carismi dei fedeli delle varie comunità. Essa si manifesta sia nel culto domestico e non templare, sia nella stessa morale paolina segnata da una struttura non sacrale (legge e libertà, coscienza, etica generale, nesso con la politica). D’altro lato, abbiamo il sacerdozio cristiano che ha il suo archetipo esclusivo nel «sommo sacerdote» Gesù, un prototipo certamente non genetico né rituale. E che è partecipato anche nella dimensione comunitaria e individuale dell’intera Chiesa, «corpo di Cristo». Un sacerdozio che ha, però, una sua identità e specificità ministeriale in alcuni soggetti attraverso un’ordinazione con l’imposizione delle mani. Qui il discorso s’allarga anche nella Chiesa successiva con l’elaborazione di ulteriori precisazioni teologiche e di contrassegni come il celibato o la veste sacra.

         Sintetizzato così, il discorso sembra fin scontato. In realtà le pagine di Penna, fittamente documentate, aprono squarci sorprendenti e, alla fine, si inquadrano nel dibattito sempre vivace del contrappunto tra fede, religione, laicità, secolarità, purtroppo spesso pronti a degenerare in clericalismo e laicismo, sacralismo e secolarismo. Alla radice c’è sempre quella scissione esclusivistica tra anima e corpo, tra spirito e carne da cui siamo partiti.

GIANFRANCO RAVASI

Autori Vari, Il Corpo, in «Parola Spirito e Vita» n. 81, Dehoniane, Bologna, pagg. 226, € 24,60.

Romano Penna, Un solo corpo, Carocci, Roma, pagg. 247, € 23,00.

Pubblicato col titolo: Questa nostra carne, tempio dello Spirito, su IlSole24ORE, n. 252 (13/09/202

14 Novembre 2014

Cur Deus homo. Teologia dell’Incarnazione. Lezione novembre 2014

Filed under: LEZIONI 2014-15 — giacomo.campanile @ 09:34

Cur Deus homo. Teologia dell’Incarnazione.

Cur Deus homo (“Perché Dio [si è fatto] uomo”, o “Perché un Dio uomo”) è il titolo di un saggio di teologia che il monaco e filosofo cristiano Anselmo d’Aosta scrisse nel 1098.

Nel dialogo, composto da due libri, Anselmo spiega come, malgrado l’impossibilità dell’uomo di riparare al peccato di Adamo ed Eva contro Dio, Dio stesso si sia riconciliato con l’umanità facendosi uomo.

Il testo contiene un’apologia del dogma cristiano dell’incarnazione di Dio contro le critiche di ebrei e musulmani; l’idea di un Dio che, incarnandosi in forma umana, si avvilisce fino a morire sulla croce era infatti ritenuta assurda da molti di coloro che non professavano la fede cristiana.

Gesù, non macchiato dal peccato in virtù della sua natura divina e perciò privo di doveri e di debiti nei confronti di Dio, offrì volontariamente e liberamente la sua vita innocente a Dio stesso e così facendo, essendo uomo, espiò il peccato originale dell’umanità

12 Novembre 2014

Consigli di classe novembre 2014

Filed under: Liceo E.Montale — giacomo.campanile @ 11:37
Consigli di classe novembre 2014
Lunedì 10 novembre Giovedì 13 novembre
4P 1I 14.30 – 15.30 3R 1D 14.30 – 15.30
3P 2I 15.30 – 16.30 4R 2D 15.30 – 16.30
2P 3I 16.30 – 17.30 5R 3D 16.30 – 17.30
1P 4I 17.30 – 18.30 1R 4D 17.30 – 18.30
2N 17.30 – 18.30 2R 5D 18.30 – 19.30
3N 18.30 – 19.30
martedì 11 novembre venerdì 14 novembre
1A 1E 14.30 – 15.30 1F 1H 14.30 – 15.30
2A 2E 15.30 – 16.30 2F 2H 15.30 – 16.30
3A 3E 16.30 – 17.30 3F 3H 16.30 – 17.30
4A 4E 17.30 – 18.30 4F 4H 17.30 – 18.30
5A 5E 18.30 – 19.30 5F 5H 18.30 – 19.30
mercoledì 12 novembre lunedì 17 novembre
1B 1Q 14.30 – 15.30 1M 1G 14.30 – 15.30
2B 2Q 15.30 – 16.30 2M 2G 15.30 – 16.30
3B 4C 16.30 – 17.30 3M 3G 16.30 – 17.30
4B 5C 17.30 – 18.30 4M 4G 17.30 – 18.30
5B 18.30 – 19.30 5M 5G 18.30 – 19.30
martedì 18 novembre
1L 14.30 – 15.30
2L 15.30 – 16.30
3L 16.30 – 17.30
4L 17.30 – 18.30

5 Novembre 2014

CHIESE DI ROMA 2025

Filed under: CHIESE DI ROMA 2025 GIUBILEO — giacomo.campanile @ 14:04

La basilica di San Pietro in Vaticano.

Basilica di San Paolo fuori le mura. 

Basilica San Giovanni in Laterano a Roma

La Basilica di Santa Maria Maggiore

S.Maria in Aracoeli. ROMA

Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma e Caravaggio.

S.Croce in Gerusalemme. ROMA

Santa Maria sopra Minerva.

S.Maria in Domnica

CHIESA DI S.Ignazio

S.Maria della Pace. ROMA

SANTA MARIA DEGLI ANGELI

S.Maria in Via. ROMA

S.Pietro in Montorio. ROMA

S.Andrea al Quirinale. ROMA

S.Carlo alle Quattro Fontane. ROMA

S.Pietro in Vincoli. ROMA

S.Prassede. ROMA

S.Stefano Rotondo. ROMA

Ss.Quattro Coronati

S.Sabina. ROMA

S.Luigi de’ Francesi. ROMA

S.Agostino. ROMA

S.Carlo alle Quattro Fontane. Borromini architettura e Religione.

S.Ivo alla Sapienza

Religione e architettura. Chiesa del Padre Misericordioso. Architetto Maier. VS Sant’Ivo alla sapienza architetto Borromini

TITOLI TEOLOGICI

Filed under: TITOLI TEOLOGICI — giacomo.campanile @ 13:53

MEDICINE

Filed under: MEDICINE — giacomo.campanile @ 12:56

TERAPIE

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