30 Gennaio 2015

No alla propaganda gender nelle scuole

Filed under: OMOFOBIA,Senza Categoria — giacomo.campanile @ 14:18

“No alla propaganda gender nelle scuole

Striscioni omofobi Lotta Studentesca licei Roma: “No alla propaganda gender nelle scuole”LOBBY GAY – I militanti del gruppo giovanile di destra lanciano inoltre accuse precise: “Dopo le deliranti teorie di sostituire mamma e papà con il genitore 1 e il genitore 2, prosegue la sottomissione delle istituzioni nei confronti delle lobby gay e delle teorie di genere – scrivono i militanti di LS -. Non importa che le scuole cadino a pezzi, non importa che in Italia non venga praticamente più fatta ricerca, quel che conta è che ci saranno sempre fondi per finanziare teorie artificiose, ideologiche e volte a snaturare la realtà naturale“. FAMIGLIA NATURALE – Una netta presa di posizione, come scrivono ancore i militanti di LS: “Con questi striscioni vogliamo dunque esprimere tutto il nostro dissenso verso chi non incoraggia la natalità, ma investe in teorie per cui la sessualità sarebbe qualcosa da stabilire a tavolino. Non possiamo che guardare con favore a tutte quelle iniziative, politiche e culturali, volte a promuovere la famiglia naturale e la differenza dei sessi. Noi stessi, continueremo a batterci nelle scuole su questi emi, con la volontà di diventare quella “minoranza creativa” in grado di promuovere modelli diversi da queste costruzioni abnormi”. “

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26 Gennaio 2015

I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA. LEZIONE FEBBRAIO 2015

Filed under: LEZIONI 2014-15,LEZIONI DI RELIGIONE,Senza Categoria — giacomo.campanile @ 13:02

I sacramenti della Nuova Legge sono istituiti da Cristo e sono sette, ossia: il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Unzione degli infermi, l’Ordine e il Matrimonio. I sette sacramenti toccano tutte le tappe e tutti i momenti importanti della vita del cristiano: grazie ad essi, la vita di fede dei cristiani nasce e cresce, riceve la guarigione e il dono della missione. In questo si dà una certa somiglianza tra le tappe della vita naturale e quelle della vita spirituale.

VIZI CAPITALI. Religione e morale. LEZIONE

Filed under: LEZIONI 2014-15 — giacomo.campanile @ 12:52

VIZI CAPITALI. Religione e morale.

VIDEO LEZIONE DEL PROF. GIACOMO CAMPANILE

Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio. S.GREGORIO DI NISSA

VIZI CAPITALI

I vizi capitali sono un elenco di inclinazioni profonde, morali e comportamentali, dell’anima umana, spesso e impropriamente chiamati peccati capitali. Questo elenco di vizi distruggerebbero l’anima umana, contrapponendosi alle virtù, che invece ne promuovono la crescita. Sono ritenuti capitali poiché più gravi, principali, riguardanti la profondità della natura umana. Impropriamente chiamati peccati, nella morale filosofica e cristiana i vizi sarebbero già causa del peccato, che ne è invece il suo relativo effetto.

I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

La Superbia: desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui. Il superbo ostenta sicurezza e cultura e sminuisce i meriti altrui. La sua posizione psicologica è però più complessa: non sempre è realmente convinto di possedere tutte le qualità che lui stesso si attribuisce. Teme delusioni e insuccessi perché rivelerebbero la triste verità che egli stesso sospetta, quella di essere in realtà un mediocre, un normodotato, di rientrare nella media.

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I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

L’Avarizia: desiderio irrefrenabile dei beni temporali. Estremo contenimento delle spese non perché lo imponga la necessità, ma per il gusto di risparmiare fine a se stesso. L’avaro si sente un virtuoso e si descrive con aggettivi delicati ed equilibrati: prudente, attento, oculato, parco.

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I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

La Lussuria: desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso. La lussuria non è la semplice dedizione ai piaceri sensuali. Lussurioso è soprattutto chi si lascia rapire e cullare continuamente dalla fantasie sensuali. La lussuria diventa un vizio quando il costante volgersi del pensiero al desiderio impedisce il normale svolgimento delle incombenze quotidiane.

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I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

L’Invidia: tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio. Per l’invidioso, la felicità altrui è fonte di personale frustrazione. Sminuisce i successi altrui e li attribuisce alla fortuna o al caso o sostiene che siano frutto di ingiustizia.

I Sette peccati capitali. Le allegorie nelle iconografie e nei testi. | Luigi Nardi

I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

La Gola: abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo. Il peccato di gola non è la mera ingordigia o la smodata consumazione di cibo, ma il lusso alimentare, la predilezione per la cucina raffinata, la propensione a cibarsi esclusivamente di pietanze pregiate e costose.

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I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

L’Ira: irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito. L’ira non è l’occasionale esplosione di rabbia: diventa un vizio in presenza di un’estrema suscettibilità che fa sì che anche la più trascurabile delle inezie sia capace di scatenare una furia selvaggia.

7 Peccati Capitali

I vizi capitali sono sette: superbiaavarizialussuriainvidiagolairaaccidia.

L’Accidia: torpore malinconico, inerzia nel vivere e compiere opere di bene. Indolenza, indifferenza: l’accidioso indugia voluttuosamente nell’ozio e nell’errore. Sa quali siano i suoi impegni, ma pur di non assolverli, ne ridimensiona la portata, autoconvincendosi che si tratti di piccolezze e che rimandarle non comporti conseguenze gravi.

AmicoMario: L'ACCIDIA, SETTIMO VIZIO CAPITALE, È LA VERA NEMICA DI TUTTE LE VIRTÙ: È IL RIFIUTO TOTALE DELLE PROPRIE CAPACITÀ.

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19 Gennaio 2015

Vita e messaggio di Mosè. Lezione 2020

Filed under: LEZIONI 2014-15,LEZIONI DI RELIGIONE — giacomo.campanile @ 12:16

Vita di Mosè breve video

Il principe d’Egitto

Mosè (ebr. Mōsheh) Nella Bibbia, liberatore del popolo d’Israele dall’Egitto e suo legislatore nel deserto. Secondo il racconto dell’Esodo, nacque dalla stirpe di Levi, mentre gli Ebrei in Egitto erano perseguitati. Sua madre, invece di farlo gettare nel fiume secondo i decreti della persecuzione, lo depose nella giuncaia del Nilo entro una cesta, e qui fu trovato da una figlia del faraone, che lo prese e lo allevò alla corte. Aronne e Miriam sono il fratello e la sorella. Per aver ucciso un Egiziano che bastonava un Ebreo, dovette fuggire nel deserto di Madian, dove il Dio d’Israele gli si rivelò col suo nome Yahweh e gli affidò la liberazione del popolo ebraico.

Tornato in Egitto, tentò vanamente di persuadere il faraone a lasciar liberi gli Ebrei; e allora richiamò sull’Egitto le «dieci piaghe», al termine delle quali fu concesso il permesso di partire. Gli Ebrei mossero così, sotto la guida di M., verso il Mar Rosso. Rincorsi dall’esercito del faraone, che voleva nuovamente trattenerli, riuscirono tuttavia ad attraversare il mare, che travolse invece gli inseguitori. M. procedette quindi verso il Monte Sinai, e qui ebbe molte rivelazioni da Yahweh, ricevendone le leggi morali e culturali per il popolo (il cosiddetto decalogo). Ripartì poi verso la terra di Canaan. Dopo una permanenza di circa 40 anni nel deserto, gli Ebrei conquistarono la Transgiordania meridionale, e qui, sul Monte Nebo, M. morì in vista della Terra Promessa.

Sull’epoca della vita di M. e dell’Esodo, prevale oggi la tesi che essa sia il 13° sec. a.C. Il faraone persecutore può essere Ramesse II (1279-12 ca.) e quello dell’Esodo Merenptah (1212-02).

Il Mosè è una scultura marmorea (altezza 235 cm) di Michelangelo, databile al 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542, e conservata nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, nel complesso statuario concepito quale Tomba di Giulio II. Il Mosè, grazie al suo vigore, al virtuosismo anatomico e alla sua imponenza (proporzionato al doppio del naturale) è una delle opere scultoree più famose di Michelangelo e della scultura occidentale in generale, esempio paradigmatico di quella “terribilità” che si riscontra nelle sue opere migliori.

Il Mosè di Michelangelo Buonarroti (1513-1516), basilica di San Pietro in Vincoli, Roma

14 Gennaio 2015

Religione e Musica. Dies irae. Verdi, Mozart. Stabat mater. Rossini

Filed under: LEZIONI 2014-15,Senza Categoria — giacomo.campanile @ 11:15

Semyon Bychkov and BBC Symphony Orchestra – Dies Irae [Verdi Requiem]

Rossini Stabat Mater – Amen. In sempiterna saecula.

Dies Irae – Mozart – Requiem – Claudio Abbado

Karl Jenkins- Requiem- Dies Irae

Il Dies irae è una sequenza in lingua latina, molto famosa, attribuita dubitativamente a Tommaso da Celano. Descrive il giorno del giudizio, l’ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno. Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla liturgia per la messa di rito tridentino.

Probabilmente l’ispirazione dell’inno è biblica, dalla versione latina della Vulgata del libro di Sofonia 1,15-16.

Testo e traduzione

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,[1]
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla

Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.

Il giorno dell’ira, quel giorno che
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da Davide e dalla Sibilla.

Quanto terrore verrà
quando il giudice giungerà
a giudicare severamente ogni cosa.

La tromba diffondendo un suono mirabile
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.

La Morte e la Natura si stupiranno
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.

Sarà presentato il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.

E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.

In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

Re di tremendo potere,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.

Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.

Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanto sforzo non sia vano!

Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.

Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.

Tu che perdonasti Maria di Magdala,[2]
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.

Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa’
che io non sia arso dal fuoco eterno.

Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.

Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.

Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.

Giorno di lacrime, quello,
quando risorgerà dalla cenere

Il peccatore per essere giudicato.
perdonalo, o Dio:

Pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.

9 Gennaio 2015

Il Cristianesimo è questo.

Filed under: Senza Categoria — giacomo.campanile @ 10:02

1Gv 4,11-18

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.

In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.

In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore.

7 Gennaio 2015

Epifania del Signore 2015

Filed under: LEZIONI 2014-15 — giacomo.campanile @ 11:01

L’Epifania (anche detta Epifania del Signore) è una festa cristiana celebrata dodici giorni dopo il Natale, ossia il 6 gennaio per le chiese occidentali e per quelle orientali che seguono il calendario gregoriano, e il 19 gennaio per le chiese orientali che seguono il calendario giuliano.

Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa “mi rendo manifesto”), dal sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina).

Nella Chiesa cattolica è una delle massime solennità celebrate, assieme alla Pasqua, il Natale, la Pentecoste e l’Ascensione, ed è quindi istituita come festa di precetto; nei Paesi in cui non è festività civile viene spostata alla domenica tra il 2 e l’8 gennaio.

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