Come amare i propri nemici (Mt 5,43-48)
Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Ogni tanto penso a Sherlock Holmes e al suo «arcinemico», che è James Moriarty. Questa idea di una persona che rappresenta la nemesi di te stesso e che dà senso alla tua vita proprio perché ce l’hai contro mi ha fatto sempre riflettere. Certo, è terribile, ma, in un certo senso, rende la vita più semplice da capire. Io, più ci penso, più mi convinco che, di veri «nemici», non ne ho.
Però, se sono onesto con me stesso, mi accorgo che conosco persone che avverto più o meno moleste, noiose, giudicanti… persone con le quali la mia sensibilità non si incastra, non si sente a suo agio. Penso sia normale e reciproco: sicuramente anch’io non vado a genio a parecchia gente.
Il vangelo di oggi ci chiede di «amare» e «pregare» rivolti ai nostri nemici, piccoli o grandi, temporanei o permanenti che siano. Amare a comando è parecchio difficile, per questo ci viene consegnata la preghiera come “palestra” dell’amore: pregare per gli altri significa portarli nel cuore, comprenderli meglio, accettare che hanno ragioni e motivazioni profonde, anche se io non le capisco né le condivido.
Strada difficile, ma necessaria, per raggiungere la «perfezione» del Padre. Qui la nostra mentalità scientifica subito interpreta questo termine come “assenza di difetti”. E allora gettiamo la spugna prima ancora di cominciare.
In realtà, la «perfezione» di cui ci parla Matteo oggi (che si può tradurre «compiutezza» o «maturità») non è una statica indefettibilità, ma una dinamica, mai stanca, misericordia. Dio non è perfetto perché sa tutto e non ha difetti, ma perché ama tutti e non odia nessuno.
Non parliamo, quindi, di una sorta di compito in classe con zero errori, ma del tentativo di diventare davvero liberi nell’amore, al di là dei nostri mal di pancia, della differenza di opinioni e di sensibilità. Se sono schiavo del mio malessere o disagio quando incontro qualche «nemico», allora non sono libero di amare.
E una vita non libera diventa un po’ meno bella. Per lo meno diventa terribilmente faticosa. Come dice Philomena nel film omonimo all’amico giornalista Martin: vivere senza perdonare e amare i nemici «dev’essere estenuante».
Dio non ha atteso che noi lo amassimo. “Egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Ma non solo, ci ha amati anche dopo il peccato originale. Ci ama prima, durante e dopo ogni caduta. Ci ama nonostante noi stessi e, dopo la Croce ci guarda come coloro per i quali suo Figlio ha dato la vita. Valiamo tutto il sangue di Cristo. Vale a dire che, per Dio, valiamo tutto.
Il Signore agisce così e così vuole che ci comportiamo noi. Il problema, nel nostro caso, è che, subito, troviamo ogni scusa. Il vicino che mi è antipatico, perché una volta non mi ha salutato; la signora del negozio vicino che una volta mi ha servito senza neanche guardarmi; l’impiegato allo sportello della banca che non ha fatto nulla per risolvermi un problema; mia cognata che è impicciona; il mio capo che è insopportabile; i miei figli che non c’è come prenderli.
E, potremmo continuare con un elenco infinito. Di ciascuna persona che conosciamo, potremmo ricordare un difetto, un errore e, anche, un torto che ci ha fatto. Ma, Gesù, in questo brano del discorso della montagna, non ce le fa passare: non ci sono scuse che tengano. Il Signore ci ha amati per primo e ha dato la sua vita per tutti. Gesù non negò il suo saluto a nessuno, neanche a Giuda nell’Orto degli Ulivi.
In un mondo avvolto dall’oscurità, siamo noi cristiani i chiamati a portare la luce. In un mondo pieno di musi lunghi, siamo noi cristiani i chiamati a contagiare sorrisi. In un mondo pieno di sguardi rivolti a terra e orecchie tappate dagli auricolari, siamo noi cristiani i chiamati a dire sempre, nonostante tutto, buona giornata.
Le scoperte neuroscientifiche hanno fatto capire, sempre di più, che il sorriso è contagioso. Le spiegazioni sono molto profonde, ma quello che ci interessa ora è che confermano proprio il fatto che il sorriso è contagioso. Non sappiamo nulla di ciò che può succedere dopo un saluto: magari potrà essere il primo passo per cui il “fuoco di Cristo che portiamo nel cuore” (cfr. Cammino, n.1) comincia a riscaldare la vita di un altro. Se ti sembra che, attorno a te, nessuno sorride, comincia tu “affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.
Certamente, avrai più di una sorpresa
qual’è il cuore del vangelo?
qual’è il cuore del vangelo?
qual’è il cuore del vangelo?cosa significa amare i nemici?
secondo te è legittima la vendetta?
Perchè?
cosa significa il comandamento dell’amore?