Cappella Sistina. Religione e Arte. La volta, episodi della Genesi
Franz Joseph Haydn – DIE SCHÖPFUNG – (La Creazione) Oratorio per Soli, Coro e Orchestra
Video introduttivo Cappella Sistina
video Michelangelo. Cappella Sistina per dipingere ad affresco i mille metri quadratO
VIDEO CREAZIONE DI MICHELANGELO
La Cappella Sistina è una delle cappelle del Palazzo Apostolico della Città del Vaticano, dove si trova la residenza ufficiale del Papa. Il suo nome proviene dal Papa Sisto IV che ordinò il suo restauro tra il 1473 e il 1481. Da allora, questa cappella è servita per la celebrazione di atti e cerimonie papali.
Durante il pontificato di Sisto IV, un gruppo di pittori rinascimentali venne chiamato ad eseguire opere nella cappella, tra cui Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Pinturicchio, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli e Luca Signorelli. Furono fatte due serie di pannelli d’affresco, uno sulla vita di Mosè a sinistra dell’altare e un altro sulla vita di Gesù Cristo a destra.
Su ordine di papa Giulio II, Michelangelo decorò la volta della cappella, tutti gli affreschi del soffitto della Cappella Sistina sono opera di questo brillante artista che ha avuto bisogno di quattro anni per completare l’opera, dal 1508 al 1512, creando un’opera d’arte senza precedenti e che avrebbe cambiato il corso dell’arte occidentale.
Anni dopo, tra il 1536 e il 1541, dipinse il Giudizio Universale nel muro dell’altare, per i Papi Clemente VII e Pablo III.
Volta
Giulio II affida a Michelangelo una nuova decorazione pittorica.
L’8 maggio del 1508 l’artista sottoscrisse il contratto, Michelangelo pose nove Storie centrali, raffiguranti episodi della Genesi, con ai lati figure di Ignudi, sostenenti medaglioni con scene tratte dal Libro dei Re. Alla base della struttura architettonica, dodici Veggenti, cioè Profeti e Sibille, siedono su troni monumentali a cui si contrappongono più in basso gli Antenati di Cristo, raffigurati nelle Vele e nelle Lunette (parete nord, parete sud, parete ingresso). Infine nei quattro Pennacchi angolari, l’artista rappresentò alcuni episodi della miracolosa salvazione del popolo d’Israele.
Il lavoro dovette essere completato entro il 31 ottobre del 1512, poiché il 1° novembre il Papa celebrò la messa in Cappella.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE VIDEO
La grandiosa composizione, realizzata da Michelangelo tra il 1536 e il 1541, si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell’attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio (Matteo 25,31-46). Il suo gesto, imperioso e pacato, sembra al tempo stesso richiamare l’attenzione e placare l’agitazione circostante: esso dà l’avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure.
Ne rimangono escluse le due lunette in alto con gruppi di angeli recanti in volo i simboli della Passione (a sinistra la Croce, i dadi e la corona di spine; a destra la colonna della Flagellazione, la scala e l’asta con la spugna imbevuta di aceto).
Accanto a Cristo è la Vergine, che volge il capo in un gesto di rassegnazione: ella infatti non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l’esito del Giudizio.
Anche i Santi e gli Eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili: S. Pietro con le due chiavi, S. Lorenzo con la graticola, S. Bartolomeo con la propria pelle in cui si suole ravvisare l’autoritratto di Michelangelo, S. Caterina d’Alessandria con la ruota dentata, S. Sebastiano inginocchiato con le frecce in mano.
Nella fascia sottostante, al centro gli angeli dell’Apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (Resurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell’inferno.
Infine in basso Caronte a colpi di remo insieme ai demoni fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente. E’ evidente in questa parte il riferimento all’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Assieme agli elogi, il Giudizio suscitò tra i contemporanei violente reazioni, come ad esempio quella del Maestro delle Cerimonie Biagio da Cesena, il quale disse che “era cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che si disonestamente mostrano le loro vergogne e che non era opera da Cappella del Papa ma da stufe e osterie” (G. Vasari, Le Vite). Le polemiche, continuate nel corso degli anni, portarono nel 1564 alla decisione da parte della Congregazione del Concilio di Trento di far coprire alcune delle figure del Giudizio ritenute “oscene”. L’incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette “braghe”, fu data a Daniele da Volterra, da allora noto come il “braghettone”. Le “braghe” di Daniele furono solo le prime, altre infatti se ne aggiunsero nei secoli successivi.
Parete Nord
Le Storie di Cristo comprendevano in origine otto riquadri, ciascuno presentato da un titolo nel fregio superiore, che iniziavano con la Natività eseguita dal Perugino sulla parete dell’altare, poi distrutta per far posto al Giudizio Universale di Michelangelo. Oggi, quindi, i Fatti della Vita di Cristo partono dal secondo riquadro che rappresenta il Battesimo (Matteo 3, 13-17; Marco 1, 9-11; Luca 3, 21-22; Giovanni 1, 29-34), Tentazioni di Cristo (Matteo 4, 1-11; Marco 1, 12-13; Luca 4, 1-13) e la Purificazione del lebbroso (Matteo 8, 1-4; Marco 1, 40-45; Luca 5, 12-16). Il terzo raffigura in primo piano la Vocazione dei primi apostoli Pietro e Andrea, mentre sullo sfondo è la chiamata di Giovanni e Giacomo (Matteo 4, 18-22; Marco 1, 16-20; Luca 5, 1-11).
L’affresco successivo illustra il Discorso della montagna (Matteo capp. 5-7; Luca 6, 17-49) e la guarigione del lebbroso (Matteo 8,1-4; Marco 1, 40-45; Luca 5, 12-16), mentre il quinto mostra la Consegna delle chiavi (Matteo 16, 13-20), vale a dire la trasmissione dei poteri da Cristo a Pietro, suo vicario, oltre ai due episodi del Pagamento del tributo (Matteo 17, 24-27) e della Tentata lapidazione di Cristo (Giovanni 8, 31-59;10, 31-39) sullo sfondo. Conclude la serie su questa parete l’Ultima Cena (Matteo 26, 17-29; Marco 14, 12-25; Luca 22, 7-23; Giovanni 13, 21-30) dove, al di là delle finestre sono rappresentati tre episodi della Passione: Orazione nell’orto (Matteo 26, 36-46; Marco 14, 32-42;Luca 22, 39-46), Cattura di Gesù (Matteo 26, 47-56; Marco 14, 43-52; Luca 22, 47-53; Giovanni 18, 1-11), Crocifissione (Matteo 27, 32-50; Marco 15, 22-39; Luca 23, 33-46; Giovanni 19, 17-30).
Il ciclo si conclude con la Resurrezione di Cristo (Matteo 28, 1-8) sulla parete d’ingresso. A ciascun riquadro delle storie corrisponde nella fascia inferiore un finto tendaggio con le imprese di Sisto IV. La serie dei Pontefici si snodava lungo tutte le pareti della Cappella a partire da quella dell’altare, in cui al centro figuravano Cristo e il primo papa Pietro, oltre a Lino e Cleto. Le quattro figure andarono perdute allorché Michelangelo, per ordine di Paolo III, nel 1536 dipinse su questa parete il Giudizio Universale. I Pontefici sono disposti a coppie entro nicchie ai lati delle finestre: la loro successione non si svolge su una parete, ma si alternano con quella di fronte.
Gli autori della serie sono gli stessi dei cicli della vita di Mosè e di Cristo, vale a dire Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio. I diversi personaggi si differenziano solo lievemente nella posizione; essi sono generalmente rappresentati a figura intera, di tre quarti con un libro o un rotolo, oppure in atto di benedizione.
Nelle lunette e nelle vele soprastanti Michelangelo ha rappresentato gli Antenati di Cristo, anticipatori della sua venuta e quindi della Redenzione. Essi sono elencati all’inizio del Vangelo di Matteo (Matteo 1,1-17), che a partire da Abramo riporta i nomi di quaranta progenitori di Cristo (differenziandosi dall’altra versione dell’evangelista Luca, che iniziando da Adamo riporta invece 75 famiglie), rappresentati qui non tanto come immagini storiche quanto come figurazioni simboliche di un’umanità colta in varie attitudini e soprattutto nel suo costituirsi in nuclei familiari. Numerosi tentativi di collegare i nomi scritti sulle targhe ai personaggi raffigurati non hanno però consentito fino ad ora di stabilirne una identificazione certa.
Parete Sud
Le Storie di Mosè, che comprendevano in origine otto riquadri ciascuno presentato da un titolo nel fregio superiore, iniziavano dalla parete d’altare con la Nascita e il Ritrovamento di Mosè del Perugino, affresco andato perduto al tempo della realizzazione del Giudizio Universale di Michelangelo.
Oggi quindi il ciclo dell’Antico Testamento parte dal Viaggio di Mosè in Egitto, in cui compaiono in un unico riquadro il Congedo dal suocero Ietro (Esodo 4, 18-20), il Ritorno in Egitto con la famiglia (Esodo 4, 18-20), la Circoncisione del secondogenito (Esodo 4, 24-26). Il secondo riquadro descrive alcuni Fatti della vita di Mosè: l’uccisione dell’egiziano (Esodo 2, 11-15), la lotta con i pastori per difendere le figlie di Ietro (Esodo 2, 16-21) e la visione del roveto ardente (Esodo 3, 1-12). Il terzo affresco illustra il Passaggio del Mar Rosso (Esodo 14, 5-31), cui segue la Consegna delle Tavole della Legge dove sono narrati simultaneamente la Salita di Mosè sul Monte Sinai (Esodo 24, 12-17; 31, 18 ) per ricevere le Tavole della Legge, l’Adorazione del vitello d’oro (Esodo 32, 1-20), la Punizione degli ebrei idolatri (Esodo 32, 25-35) e il ritorno del Profeta con le nuove Tavole della Legge (Esodo 34, 1-4). Il riquadro successivo illustra un episodio alquanto raro, vale a dire la Punizione di Core, Datan e Abiram (Numeri 16, 1-35), sacerdoti ebrei che negavano a Mosè e Aronne l’autorità civile e religiosa sul popolo eletto; essi furono per questo inghiottiti dalla terra e consumati da un fuoco invisibile insieme alle loro famiglie.
L’ultimo affresco mostra il Testamento e morte di Mosè (Deuteronomio 33, 34) dopo essere giunto in vista della Terra Promessa. Il ciclo si conclude sulla parete d’ingresso con la Contesa sul corpo di Mosè (Lettera di Giuda, 9). Ciascun riquadro delle storie corrisponde nella fascia inferiore un finto tendaggio con le imprese di Sisto IV.
Michelangelo, per ordine di Paolo III, nel 1536 dipinse su questa parete il Giudizio Universale. I Pontefici sono disposti a coppie entro nicchie ai lati delle finestre: la serie non è rappresentata in sequenza ma si alterna sulle pareti. Gli autori sono gli stessi dei cicli della vita di Mosè e di Cristo, vale a dire Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio. I diversi personaggi si differenziano solo lievemente nella posizione o nella fisionomia dei gesti; essi sono generalmente rappresentati di tre quarti con un libro o un rotolo oppure in atto di benedizione. Nelle lunette e nelle vele soprastanti Michelangelo ha rappresentato gli Antenati di Cristo, anticipatori della sua venuta e quindi della Redenzione. Essi sono elencati all’inizio del Vangelo di Matteo (Matteo 1, 1-17), che a partire da Abramo riporta i nomi di quaranta progenitori di Cristo (differenziandosi dall’altra versione dell’evangelista Luca, che iniziando da Adamo riporta invece 75 famiglie), rappresentati qui non tanto come immagini storiche quanto come figurazioni simboliche di un’umanità colta in varie attitudini e soprattutto nel suo costituirsi in nuclei familiari. Numerosi tentativi di collegare i nomi scritti sulle targhe ai personaggi raffigurati non hanno però consentito fino ad ora di stabilirne una identificazione certa.
DISEGNI DA COLORARE MICHELANGELO