INSIEME PER SEMPRE – In una delle ultime lettere Abelardo chiederà alla donna di far in modo che il suo corpo venga seppellito nell’eremo che anni prima aveva donato alle monache del suo ordine. Quasi vent’anni dopo, anche la salma di Eloisa verrà sepolta nella stessa tomba dell’amato: la leggenda medievale vuole che il corpo di Abelardo abbia abbracciato quello di Eloisa nel momento della inumazione.
“Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo.” (V. Hugo, Notre-Dame de Paris)
Secoli dopo, anche Victor Hugo rimase affascinato dalla storia del teologo e della fanciulla.
BREVE
Andava dicendo di sé che si riteneva l’unico uomo capace di ‘pensare’ che rimanesse alla Francia; anzi, per usare le sue esatte parole: ‘l’unico filosofo superstite al mondo.’ Chi era questo campione di modestia che, pur intelligente ed esigente ricercatore della verità, non mancava di costellare il proprio cammino di un gran numero di nemici, compresi quelli che erano stati suoi precettori? Era Pietro Abelardo, nato nell’anno 1079 in Bretagna, chierico, filosofo e brillante insegnante di logica e teologia. La sua vita ha una svolta nell’anno 1116, all’età di 37 anni; nella scuola di Sainte Généviève, si imbatte in una delle sue allieve, Eloisa, molto più giovane di lui, nata tra il 1090 e il 1100 – le date di nascita e di morte a quei tempi mancavano spesso di documenti che le autenticassero – ma in compenso genuina ‘parisienne de l’Île-de-la-Cité’. Eloisa è bella, aggraziata e studia nel convento di Argenteuil con risultati eccellenti: primeggia nelle arti liberali – dalla grammatica alla retorica, dalla geometria all’astronomia – e inoltre conosce alla perfezione latino, greco ed ebraico, al punto da suscitare l’ammirazione di Pietro il Venerabile, il famoso Abate di Cluny che la definisce ‘celebre per erudizione’. L’idea di accrescere il già notevole bagaglio di scienze e conoscenze è dello zio di Eloisa, il canonico Fulberto, che ritiene il bretone Abelardo il miglior maestro di Parigi, quindi adattissimo allo scopo. Mossa perlomeno azzardata, perché Abelardo si innamora perdutamente della giovane allieva: ‘Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti’. Fulberto commette un ulteriore errore dando ospitalità ad Abelardo: maestro e allieva sotto lo stesso tetto!
La passione tra i due esplode, incontrollata. Scrive Eloisa: ‘col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore; lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri, il nostro desiderio non trascurò alcun aspetto dell’amore; ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci’. Decisamente osé, per il tempo, le ‘confessioni’ di questa donna di bell’aspetto e di ingegno notevole. È assai probabile che tra i due il rapporto amoroso corresse su binari divergenti: erotico e passionale quello di Abelardo, passionale e amoroso quello di Eloisa. Quando rimane incinta, Abelardo conduce l’amata in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia. Poi si dice disposto a sposare Eloisa, purché si tratti di un matrimonio segreto, perlomeno defilato; lui è ‘anche’ chierico e non gli è permesso prender moglie. Eloisa non vorrebbe il matrimonio e lo giustifica con queste riflessioni, testimonianza certa del suo sentimento: ‘cosa hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne-nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi?’
Come tutte o quasi le storie d’amore anche quella fra Abelardo ed Eloisa incontra un passaggio tragico. Tornati a Parigi, si sposano in segreto ma la famiglia di lei divulga la notizia. Abelardo manda Eloisa nel convento di Argenteuil per allontanare da sé e dalle sue attività d’insegnamento ogni sospetto. Ma questo fatto irrita i parenti di Eloisa; sicuramente Abelardo vuole liberarsi di lei. E arriva, terribile, la vendetta: di notte, tre sicari lo aggrediscono mentre riposa nella sua casa e lo evirano. I responsabili verranno a loro volta puniti con identica pena; il mandante, Fulberto, se la caverà con la sola sospensione dai propri incarichi. Da quel momento Abelardo ed Eloisa non si rivedranno più; lui prosegue, con sempre maggiore successo, l’insegnamento, si dedica alla vita ecclesiale e fa ammenda dei molti peccati di superbia. Lei, a soli 35 anni d’età, vive in convento e non rinuncia all’idea di riunirsi all’amato; offerta che Abelardo respingerà sempre con cortese fermezza. Tutte le lettere inviate da Eloisa ad Abelardo, parlavano di un rapporto speciale che sarebbe rimasto tale nel tempo e nella storia. Lo testimoniano queste parole: ‘al mio signore, anzi padre; al mio sposo, anzi fratello; la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella. Ti ho amato di un amore sconfinato; mi è sempre stato più dolce il nome di amica a quello di amante o prostituta; il mio cuore non era con me, ma con te’