Disciplina spirituale fondata da Buddha, vissuto nell’India nord-orient. fra 6° e 5° sec. a.C. Nei secoli successivi il b. assunse i caratteri di dottrina filosofica e di religione ateistica, diffondendosi in gran parte del subcontinente e in vaste zone dell’Asia orientale. Il b. appare come ricerca speculativa intesa a trovare la soluzione del problema dell’eterno morire e rinascere dell’uomo, nel ciclo delle esistenze, posto dal pensiero indiano. Il b. detto del piccolo veicolo (Hīnayāna), a carattere essenzialmente monastico e più vicino alla dottrina dei primi tempi, è tuttora popolare a Ceylon e nel Sud-Est asiatico. Il b. del grande veicolo(Mahāyāna), che dà una grande importanza alla compassione e al culto dei bodhisattva, è il più diffuso.
In Occidente, il buddismo beneficia, a torto, di un’aura di rispetto e di deferenza dovuta alla sua immagine di non violenza, di saggezza e di santità, immagine che tuttavia è ben lontana dal corrispondere alla realtà dei fatti. La Storia dimostra che il buddismo, lungi dall’essere stato la dolce e benefica scuola che ha diffuso i precetti del Buddha (566-486 a.C.) – il risvegliato – è stata una credenza che non ha derogato alla regola comune di tutte le istituzioni religiose mondane, e che ha sposato, con un fermo entusiasmo che si è manifestato in una lunga serie di sanguinarie estorsioni, i temi più sfruttati dell’aggressività guerriera e bellicosa, e, con il pretesto di un apertura «non-dualista», all’insieme della realtà fenomenale. Inoltre, esso si è dedicato con diletto al gioco perverso delle deviazioni sessuali derivanti dai residui degli antichi culti generati direttamente delle tendenze traviate dello sciamanesimo.
Il buddismo tibetano è abbastanza rappresentativo di questo atteggiamento, avendo le sue diverse tendenze sempre esercitato un potere che si è imposto durante i secoli come una teocrazia relativamente oppressiva e costrittiva. In effetti, il Tibet è stato sottomesso ad un regime esclusivo di servitù installato dai nobili proprietari terrieri, funzionari e monaci «buddisti», una servitù molto spesso oppressiva:
«Nel Tibet, i monaci detengono ogni potere. Si tratta di un’autentica teocrazia in cui i poteri assoluti sono nelle mani di una divinità reincarnata (il Dalai Lama). I lama non sono solamente i giudici, i maestri e i medici, ma anche ricchi proprietari terrieri e capi politici; oltre alle rendite che riscuotono dai fattori, essi esigono regali e denaro per ogni visita rituale, per ogni benedizione e per ogni cerimonia. Nel Tibet, la simonia è una legge assolutamente applicata» 2.