La piazza prende il nome dal Palazzo della Cancelleria (nella foto sopra), un eccellente esempio di architettura del primo Rinascimento, che fu edificato tra il 1486 ed il 1513. La prima struttura risale al IV secolo, quando papa Damaso costruì un palazzo cardinalizio con funzione di archivio dell’attigua chiesa di S.Lorenzo in Damaso. L’edificio fu restaurato nel Quattrocento dal cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, ma nel 1483 il cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV Della Rovere, fece demolire il palazzo e ne fece costruire uno nuovo, finanziando l’opera in grande stile, in seguito, si dice, ad una forte vincita al gioco.
I lavori si protrassero fino al 1495 e richiesero ulteriori spese sostenute da papa Giulio II Della Rovere: sull’angolo dell’edificio con via del Pellegrino si può notare infatti lo stemma dei Della Rovere con la sottostante scritta “IULIO II PONT MAX” (nella foto 1). Il nome dell’architetto rimane sconosciuto, anche se si propende ad identificarlo con Antonio da Montecavallo. Nel XVI secolo il palazzo divenne la sede della Cancelleria Apostolica, detta “Nuova” per distinguerla da quella “Vecchia” che invece si trovava nel palazzo Sforza Cesarini: papa Leone X Medici lo confiscò in seguito al grave scandalo che coinvolse il cardinale Riario, coinvolto, insieme ai cardinali Petrucci e Saulis, nella congiura contro lo stesso Leone X. Il palazzo divenne dimora stabile del Cancelliere di Santa Romana Chiesa e dei vice-cancellieri. Qui il cardinale Colonna firmò la resa a Carlo V, con le note conseguenze del Sacco di Roma, durante il quale il palazzo fu bruciato ed andò perduto l’archivio: il restauro si ebbe sotto Sisto V e fu compiuto da Domenico Fontana. Nel 1798 l’edificio fu sede del Tribunale della Repubblica Romana e nel 1810 della Corte Imperiale napoleonica, come si legge nella scritta posta sopra la finestra del balcone sovrastante l’ingresso. Nel 1848 vi risiedette la Camera dei Deputati dello Stato Pontificio e fu proprio in questa occasione che, sulla scalinata del palazzo, venne pugnalato a morte il primo ministro di Pio IX, Pellegrino Rossi, mentre si recava ad una seduta del Consiglio. Dopo il 1870 l’edificio rimase sede del Cardinale Cancelliere di Santa Romana Chiesa col privilegio di extraterritorialità, confermato poi dai Patti Lateranensi nel 1929. L’edificio, molto danneggiato nei secoli XVII e XVIII, venne restaurato dall’architetto Vespignani quando fu aperto Corso Vittorio Emanuele II. Scaduta d’importanza ed infine soppressa, la Cancelleria cedette il palazzo ai Tribunali del Vaticano: attualmente è sede infatti della Sacra Rota, famosa per le cause di annullamento dei matrimoni, e della Segnatura Apostolica, funzionante come tribunale supremo. La facciata principale sulla piazza (nella foto in alto sotto il titolo) si compone di uno zoccolo a bugne lisce in travertino e tre piani con finestre arcuate e riquadrate, graziosamente incorniciate. Nella fascia più in alto vi è la seguente iscrizione: “RAPHAEL RIARIUS SAVONENSIS SANCTI GEORGII DIACONUS SANCTAE ROMANAE ECCLESIAE CAMERARIUS A SIXTO IIII PONTIFICE MAXIMO HONORIBUS AC FORTUNIS HONESTATUS TEMPLUM DIVO LAURENTIO MARTYRI DICATUM ET AEDIS A FUNDAMENTIS SUA IMPENSA FECIT MCCCCLCCCCV ALEXANDRO VI P.M.“; ossia “Il savonese Raffaele Riario, cardinale diacono di S.Giorgio e Camerlengo di Santa Romana Chiesa, colmato di onori e di ricchezze da Sisto IV, costruì a proprie spese dalle fondamenta il tempio dedicato a S.Lorenzo martire e il palazzo nel 1495 sotto il pontificato di Alessandro VI Pontefice Maximo”. L’edificio fu edificato con il bianco travertino proveniente dal Colosseo e dal vicino Teatro di Pompeo, da cui derivano anche le colonne che ornano il bellissimo cortile interno, opera del Bramante. Le rose, emblema della famiglia Riario, ornano le finestre più alte e le volte ed i capitelli delle colonne del cortile. Imponente il portale barocco, affiancato da due colonne di granito provenienti dal Septizodium, sulle quali poggia l’architrave con la scritta “AN SALUT MDLXXXIX SIXTI V PONTIF ANN V”, ovvero “Nell’anno di Redenzione 1589, quinto del pontificato di Sisto V”; sopra il portale è situato un balcone con finestra, aggiunto nel restauro cinquecentesco del Fontana. L’arco di ingresso è ornato da due leoni con il ramo di pere, elementi dello stemma di Alessandro Peretti, cardinale vice-cancelliere e pronipote di Sisto V, che lo fece eseguire.
Oltrepassato il portale si accede al cortile bramantesco (nella foto 2), a tre ordini, di cui i primi due ad arcate aperte poggianti su colonne di granito appartenute all’antica chiesa di S.Lorenzo in Damaso e su quattro pilastri di marmo e granito, il terzo a parete di laterizio scandita da lesene con capitelli compositi tra le quali si aprono finestre architravate ed arcuate. I pennacchi delle arcate al pianterreno presentano scudi con la rosa dei Riario; al piano nobile si alternano semplici rose a stemmi del cardinale Riario. Dal grandioso scalone che porta al piano del loggiato, con un bel portale quattrocentesco in marmo, si arriva alla “Sala Regia” ed al “Salone dei 100 giorni”, cosiddetto perché Giorgio Vasari si vantò di aver affrescato in soli 100 giorni la grande sala al primo piano con il celebre incontro fra Paolo III Farnese, Carlo V e Francesco I avvenuto a Nizza nel 1538: altrettanto celebre fu la risposta di Michelangelo che disse: “Si vede!”. L’altro portale, opera del Vignola, consente l’accesso alla basilica di S.Lorenzo in Damaso, fondata da papa Damaso nel IV secolo. Originariamente la sua facciata era su via del Pellegrino ma fu demolita nel 1484 per la ricostruzione del palazzo, nel quale, poi ricostruita, venne incorporata: l’artefice fu Donato Bramante. Nel 1640 il Bernini trasformò il presbiterio con un’abside a due ordini di paraste. La chiesa fu sconsacrata in epoca napoleonica, quando fu ridotta a scuderia e stalla, ma fu poi ristrutturata dal Valadier, con l’avanzamento del presbiterio di due campate e la riduzione della navata centrale. L’incendio del 31 dicembre 1939 provocò gravi danni per cui Pio XII fece ristrutturare completamente l’edificio da Virginio Vespignani, cancellando così sia i cambiamenti del Bernini che quelli del Valadier.
L’interno (nella foto 3) conserva la struttura tardo-quattrocentesca a tre navate, preceduto da un vestibolo con volta a crociera. Numerose le opere d’arte ivi custodite, come la tomba del Primo Ministro Pellegrino Rossi (opera del Tenerani nel 1854) e quella di Annibal Caro (opera del Dosio nel 1597), il traduttore dell’Eneide di Virgilio. Nel vestibolo è situata la statua di “S.Carlo Borromeo” di Stefano Maderno, mentre sull’altare maggiore, sotto il quale sono custoditi i corpi dei santi Damaso e Eutichiano, è situata la pala d’altare raffigurante l’Incoronazione di Maria, opera di Federico Zuccari. Degna di menzione la Cappella Ruffo, progettata da Nicola Salvi, che disegnò anche la fontana di Trevi, su incarico del cardinale Tommaso Ruffo, con la pala d’altare opera di Sebastiano Conca del 1743.
Nella navata sinistra è situata la Cappella della Ss.Concezione, opera di Pietro da Cortona, nella quale è custodita la “Madonna Avvocata“, conosciuta anche come la “Vergine di Grottapinta” (nella foto 4), una tavola del XII secolo di ambito bizantino, un tempo situata nella chiesa di S.Maria di Grottapinta. Piazza della Cancelleria fu l’antenata dell’attuale “mercato delle pulci” di Porta Portese, perché un mercato simile si tenne in questa piazza fino agli inizi del ‘900. Vale la pena ricordare due osterie che sorgevano qui nell’Ottocento: al civico 64 l’Osteria dei Beccamorti ed al civico 84 quella del Trapasso.
Nel quadro della ricostruzione delle antiche fontane rionali di Roma a cura del Comune, fu realizzata, nel 1930, una fontana (nella foto 5) su disegno di Publio Morbiducci e posta nella rientranza della piazza, di fronte al palazzo della Cancelleria. L’ovale al centro della fontana si riferisce allo stemma cardinalizio del cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota (l’antico proprietario del Palazzo della Cancelleria), inscritto in un triangolo, con la base poggiante su due cippi marmorei, il cui vertice è sovrastato da una sfera cuneata. Un cappello cardinalizio con nappi e cordoni completa la figurazione interna del triangolo che contiene, nella parte inferiore dell’ovale, un piccolo rosone al centro del quale è inserita una cannella da cui esce l’acqua che si raccoglie entro una vasca di forma rettangolare, sollevata su due alti sostegni, che presenta sul fronte la sigla del Comune di Roma e ai lati due pilastrini cilindrici.