La chiesa fu costruita nel IX secolo per volontà di papa Pasquale I su un’antica diaconia romana, eretta, quest’ultima, secondo un’antica tradizione, sulla casa di Santa Ciriaca, ma più verosimilmente sui resti di un antico edificio pubblico del VII secolo, i “praedia dominica“, aree di pertinenza imperiale: ciò spiegherebbe anche l’appellativo “in domnica” arrivato fino a noi. L’elegante facciata rinascimentale, preceduta da un ampio portico a cinque arcate, fu fatta costruire da papa Leone X nel XVI secolo.
L’interno (nella foto 1) è a tre navate scandite da 18 colonne ornate da capitelli corinzi di forma diversa l’uno dall’altro. Gli splendidi mosaici dell’arco trionfale e dell’abside rappresentano l’esempio meglio conservato della cosiddetta “rinascenza carolingia” a Roma. La fascia superiore del mosaico presenta il Cristo dentro la “vesica piscis” (ovvero la vescica del pesce) o mandorla, diffuso simbolo della vita, affiancato da due angeli che introducono gli Apostoli. Nel catino absidale è situata la Vergine in trono con il Bambino in braccio che indica Pasquale I, inginocchiato ai loro piedi e con l’aureola quadrata dei vivi. Ai lati della Vergine, schiere di angeli. Identità incerta per le due figure maggiori poste sull’arco trionfale: o santi legati alla storia di questa chiesa, come S.Lorenzo che qui aveva servito da diacono, oppure i due profeti Mosè ed Elia perché stringono tra le mani un rotolo. Nel registro inferiore si trova la seguente iscrizione dedicatoria: “ISTA DOMUS PRIDEM FUERAT CONFRACTA RUINIS NUNC RUTILAT IUGITER VARIIS DECORATA METALLIS ET DEUS ECCE SUUS SPLENDET CEU PHOEBUS IN ORBE QUI POST FURVA FUGANS TETRAE VELAMINA NOCTIS. VIRGO MARIA TIBI PASCHALIS PRAESUL HONESTUS CONDIDIT HANC AULAM LAETUS PER SAECLA MANENDAM”, ovvero “Questa casa prima era stata ridotta in rovine, ora scintilla perennemente decorata con vari metalli e la sua magnificenza splende come Febo nell’universo che mette in fuga le tenebre della tetra notte. O Vergine Maria, l’onesto vescovo Pasquale ha fondato per te quest’aula che deve rimanere gradevole nei secoli”.
La chiesa si affaccia su Piazza della Navicella (a Roma, anche la chiesa è chiamata S.Maria alla Navicella), così chiamata per la fontana a forma di nave romana (nella foto 2) antistante la chiesa. Secondo un’antica leggenda la navicella fu rinvenuta nei pressi del Colosseo e si tratterebbe di un ex-voto dedicato a Iside, la protettrice dei naviganti: fu dedicata o da marinai egizi di passaggio a Roma (qui vicino sorgevano i “Castra Peregrinorum“, cioè le caserme dei militari non di stanza nell’urbe ma solo di transito) o dai marinai della flotta di Capo Miseno che qui risiedevano, essendo adibiti alla manovra del “velarium“, la grandiosa tenda che serviva a riparare i romani che assistevano agli spettacoli nel Colosseo. Appare assai incerto se la navicella fu soltanto restaurata o interamente realizzata ex novo da Andrea Sansovino nel 1519 a causa dei gravi danni dell’originale, ritenuti irreparabili dall’artista: la realizzazione fu voluta da papa Leone X Medici, del quale il piccolo monumento reca ancora gli stemmi sulle facciate del basamento. La sistemazione attuale risale al 1931, quando la navicella, collocata originariamente in una diversa posizione, fu trasformata in fontana alimentata dall’Acqua Felice. La navicella, sollevata su un cippo marmoreo ed inserita in un’aiuola quadrangolare, è protetta da colonnine raccordate da catene in ferro battuto.